Autore:
Roberto Zarriello
Editore:
Centro di Documentazione Giornalistica (2016), pag.190, Euro 16,00 Sull’onda delle nuove tecnologie,il Brand Journalism, che si occupa di tutto ciò che ruota intorno a un marchio (il brand appunto), ha avuto notevole impulso nella comunicazione d’impresa. Il suo scopo principale è quello di informare l’opinione pubblica sulla storia di una azienda, attraverso gli strumenti e i canoni, propri dei professionisti che operano nel mondo del giornalismo. Thomas Scott, uno dei pionieri, precisa che, prima di internet, le aziende assumevano addetti stampa per scrivere comunicati e inviarli ai media. Oggi, invece, un’azienda può fare a meno di tutto questo e pubblicarsi da sola i propri pezzi. Utilizzando blog, articoli online, siti web, social media, le aziende hanno un’opportunità incredibile per comunicare direttamente con i pubblici di riferimento.
L’Autore di questo libro osserva anche che, nel processo dell’informazione, il ruolo dell’addetto stampa è fondamentale: è il tramite tra il personaggio, l’associazione, l’azienda o l’ente pubblico di cui cura la comunicazione e i media tradizionale o digitali. È l’addetto stampa, infatti, che informa una redazione sulla dichiarazione di un politico, sull’evento di un’artista o di una associazione: curando le relazioni tra le parti, organizzando le interviste o le conferenze stampa. Zarriello, a proposito, sottolinea che la figura dell’addetto stampa non va confusa con la figura del portavoce che, secondo la legge 150 del 2000, è “legato da un rapporto fiduciario con l’organo che egli rappresenta; può anche essere esterno all’amministrazione e si occupa dei rapporti di carattere politico-istituzionale”. In funzione di ciò, può anche non essere un giornalista. Zarriello conclude queste riflessioni, precisando che emerge subito la differenza fondamentale fra l’addetto stampa e il brand journalist: il primo deve generare interesse nei media già esistenti; mentre il secondo pubblica direttamente in rete (sul brand magazine dell’azienda) e si occupa non solo della scrittura del contenuto, ma anche della sua diffusione e di “generare traffico” su di esso.
Questo manuale, dunque, primo in Italia, fornisce caratteristiche, strumenti, tecniche e regole di quella che può essere un’opportunità per i professionisti dell’informazione. Nella prefazione, Daniele Chieffi commenta che non esistono giornalismi di serie “a” e giornalismi di serie “b”, esiste la professione e il Brand Journalism è professione e anche una grande opportunità.
Roberto Zarriello, giornalista, saggista e docente di “Comunicazione digitale”, scrive di internet, nuove tecnologie e comunicazione per “Huffington Post”; coordina l’area “Regioni” di “Tiscali.it”; collabora dal 2003 con il “Gruppo Espresso”. Ha pubblicato: “Penne Digitali 2.0. Fare informazione online nell’era dei blog e del giornalismo diffuso”, “Social Media Marketing. Strumenti per i nuovi Comunicatori Digitali”. Nel 2015, ha ricevuto il Premio Giornalistico nazionale “Maria Grazia Cutuli” per la categoria “Web, editoria digitale”.
L’Autore di questo libro osserva anche che, nel processo dell’informazione, il ruolo dell’addetto stampa è fondamentale: è il tramite tra il personaggio, l’associazione, l’azienda o l’ente pubblico di cui cura la comunicazione e i media tradizionale o digitali. È l’addetto stampa, infatti, che informa una redazione sulla dichiarazione di un politico, sull’evento di un’artista o di una associazione: curando le relazioni tra le parti, organizzando le interviste o le conferenze stampa. Zarriello, a proposito, sottolinea che la figura dell’addetto stampa non va confusa con la figura del portavoce che, secondo la legge 150 del 2000, è “legato da un rapporto fiduciario con l’organo che egli rappresenta; può anche essere esterno all’amministrazione e si occupa dei rapporti di carattere politico-istituzionale”. In funzione di ciò, può anche non essere un giornalista. Zarriello conclude queste riflessioni, precisando che emerge subito la differenza fondamentale fra l’addetto stampa e il brand journalist: il primo deve generare interesse nei media già esistenti; mentre il secondo pubblica direttamente in rete (sul brand magazine dell’azienda) e si occupa non solo della scrittura del contenuto, ma anche della sua diffusione e di “generare traffico” su di esso.
Questo manuale, dunque, primo in Italia, fornisce caratteristiche, strumenti, tecniche e regole di quella che può essere un’opportunità per i professionisti dell’informazione. Nella prefazione, Daniele Chieffi commenta che non esistono giornalismi di serie “a” e giornalismi di serie “b”, esiste la professione e il Brand Journalism è professione e anche una grande opportunità.
Roberto Zarriello, giornalista, saggista e docente di “Comunicazione digitale”, scrive di internet, nuove tecnologie e comunicazione per “Huffington Post”; coordina l’area “Regioni” di “Tiscali.it”; collabora dal 2003 con il “Gruppo Espresso”. Ha pubblicato: “Penne Digitali 2.0. Fare informazione online nell’era dei blog e del giornalismo diffuso”, “Social Media Marketing. Strumenti per i nuovi Comunicatori Digitali”. Nel 2015, ha ricevuto il Premio Giornalistico nazionale “Maria Grazia Cutuli” per la categoria “Web, editoria digitale”.