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70 anni fa a Roma veniva ucciso il partigiano e giornalista milanese Eugenio Colorni

30/05/2014
Oggi è il 70.mo anniversario dell'uccisione a Roma del giornalista milanese di origine ebrea Eugenio Colorni, considerato con Altiero Spinelli ed Ermesto Rossi uno dei massimi promotori del federalismo europeo. Professore di lettere, filosofo (era studioso di Leibniz e Kant), scrittore e politico, si impegnò politicamente contro il regime fascista, prima avvicinandosi al gruppo di Giustizia e Libertà, poi al Partito Socialista.
Partecipò alla stesura del Manifesto di Ventotene, isola in cui viene confinato per oltre due anni dal gennaio 1939 perché antifascista. Durante la Seconda Guerra Mondiale collaborò con numerose testate: Il Convegno, La Cultura, Civiltà Moderna, Solaria e Rivista di Filosofia.
Alla fine del 1941 fu inviato al soggiorno obbligato a Melfi, ma fuggì il 6 maggio del 1943 e si rifugiò a Roma. Passato alla clandestinità si dedicò da latitante nella capitale all’organizzazione del Psiup. Partigiano combattente morì a 35 anni sotto la falsa identità di Franco Tanzi all'ospedale San Giovanni di Roma il 30 maggio 1944 dopo essere stato gravemente ferito pochi giorni prima in via Livorno 20 da una pattuglia di militi fascisti della banda Koch.
Fu decorato con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria concessagli nel 1944 con la seguente motivazione: "Indomito assertore della libertà, confinato durante la dominazione fascista, evadeva audacemente dedicandosi quindi a rischiose attività cospirative. Durante la lotta antinazista, organizzato il centro militare del Partito Socialista Italiano, dirigeva animosamente partecipandovi, primo fra i primi, una intensa, continua e micidiale azione di guerriglia e di sabotaggio. Scoperto e circondato da nazisti li affrontò da solo, combattendo con estremo ardimento, finché travolto dal numero, cadde nell'impari gloriosa lotta. Roma, 28 maggio 1944".