La Cassazione ha stabilito che può costituire un’offesa usare espressioni eccessivamente caricaturali per descrivere una persona (vicenda Carmelo Bene).
Mettere in risalto aspetti comici di una persona può costituire reato perché possono offendere la persona. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza n. 35513/2010) occupandosi del caso relativo al libro “L'amato Bene” sullo scomparso attore drammaturgo Carmelo Bene. Il volume, scrive la Corte riferisce “episodi paradossali e incredibili del rapporto tra Carmelo Bene e sua moglie”. Questi episodi secondo il Gup non costituivano diffamazione perché si trattava di descrizioni dalla “forte caratterizzazione caricaturale che non avevano scopo diffamatorio, ma solo quello di indurre il riso nel lettore e questo intento aveva indotto l'autore a caricare gli aspetti comici o paradossali delle vicende narrate”.
Dopo l'assoluzione dell'autore del libro il caso è finito in Cassazione dove la Procura ha sostenuto che enfatizzare gli aspetti comici di qualcuno equivale a offenderlo. I Giudici del Palazzaccio hanno accolto il ricorso della Procura facendo notare che il giudice di merito ha ritenuto che l'effetto comico che l'autore del volume voleva conseguire “nel riferire con toni intensamente caricaturali, episodi paradossali e incredibili del rapporto tra il defunto Carmelo Bene e sua moglie, potesse valere di per sé a escludere la sussistenza del reato contestato, senza considerare che proprio il perseguimento di tale effetto rendeva più manifestamente lesiva la portata denigratoria e perciò diffamatoria della narrazione la cui valenza lesiva della reputazione della signora Giuliana Rossi (moglie di Bene) non poteva sfuggire”.
Ora il gip del Tribunale di Mondovì dovrà riesaminare il caso tenendo conto del fatto che caricare i toni esaltando il ridicolo di certi comportamenti costituisce offesa penalmente rilevante. (Autore: Roberto Cataldi) – in http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_9233.asp