Autore:
Alberto Spampinato
Editore:
Ponte alle Grazie (2009), pag.291, Euro 15,50
Giovanni Spampinato, corrispondente de “L’Ora” di Palermo, a venticinque anni, nel 1972, fu ucciso in circostanze ancora non chiarite. In queste pagine, il fratello Alberto (quirinalista dell’ANSA) ripercorre gli anni vissuti in famiglia, il tempo passato con Giovanni e la sua vita professionale d’assalto, alla ricerca della verità dei fatti.
Il racconto toccante, scritto in punta di penna, è anche il ricordo dello stile di vita di tante famiglie italiane, tra gli anni Quaranta e gli anni Settanta.
“C’era un campo di girasoli, e mangiavamo i semi ancora verdi. C’erano le mucche, e la sera facevano la ricotta…Il padrone di casa, o un suo figlio, era cacciatore. C’erano bei cani, ma molto seri. Un giorno legarono un cane in cortile, e stette lì forse per due giorni. Il cane ululava, si lamentava, era straziante. Ci dissero di non avvicinarci, aveva la rabbia. Poi lo abbatterono a fucilate. Ricordo l’odore della terra bagnata dagli acquazzoni estivi. Quell’odore mi inebriava”: Così, ricordando la propria infanzia, scriveva Giovanni Spampinato, nel 1971, in una tragica e involontaria profezia.
Questo l’omaggio che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha reso a Giovanni Spampinato e ai cronisti che in Italia hanno perso la vita per scrivere notizie scomode: “Ha onorato la professione giornalistica e i valori di verità, legalità e giustizia. È importante che si rifletta sul giornalismo di inchiesta attraverso la storia dei cronisti come lui che in ogni parte d’Italia hanno offerto significative testimonianze di coraggio professionale, di impegno civile e di dedizione ai principi costituzionali di democrazia e libertà. Queste storie, drammatiche ma esemplari, vanno conosciute come parte essenziale di una memoria condivisa da trasmettere alle nuove leve del giornalismo e alle nuove generazioni”.