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Del Boca: chi vuole l’informazione di Bin Laden?

24/02/2009
Prevedere il carcere per i giornalisti non è atteggiamento proprio di un paese civile. E se (come sostiene l’onorevole Deborah Bergamini) ce ne sono tante di cose incivili in questo paese, non si corregge una porcheria provocandone un’altra. Questo non significa chiudere gli occhi su alcuni abusi che sono stati commessi nel mondo dell’informazione né sottrarsi a regole stringenti in grado di evitare errori nel futuro ma, per ottenere un risultato utile, meglio sarebbe rafforzare i poteri disciplinari dell’Ordine dei giornalisti e rendere le sanzioni operative. Vale appena la pena di ricordare che l’organo di autogoverno della categoria ha radiato alcuni colleghi che, per un malinteso rispetto dell’articolo 21 della Costituzione, continuano a pubblicare in prima pagina dei loro giornali. E lo fanno scrivendo le minute degli articoli dai banchi del Parlamento!
Le disposizioni della legge sulle intercettazioni telefoniche rende impossibile la cronaca giudiziaria e probabilmente la cronaca tout court. I giornalisti avrebbero accesso alle fonti non prima dell’udienza preliminare. Il che significa – per esempio – che soltanto da stamane si potrebbero raccontare le vicende del cosiddetto “delitto di Garlasco” avvenuto quasi due anni fa. E – per proporre un altro esempio - di fronte all’arresto di un presidente di Regione, con caduta della giunta che lo sosteneva e con le elezioni indette per la sua sostituzioni, si correrebbe il rischio di mandare i cittadini a votare una nuova amministrazione senza che, ufficialmente, sappiano che cosa è successo. Un paradosso? Mica tanto. Sembra che, indipendentemente dalla gravità del delitti commessi, il problema venga risolto negandolo cioè con l’impedire che venga adeguatamente conosciuto.
Il provvedimento potrà avere efficacia? Credo di no! I giornali – diciamo così “ufficiali” – dovranno scrivere degli articoli in cui segnaleranno ai lettori che “conoscono i fatti” ma “non possono” riferirli. Per cui è ipotizzabile un fiorire della stampa clandestina, una versione moderna della statua di Pasquino, che racconterà nei dettagli – confermandoli - ciò che tutti sussurrano alla ricerca di impossibili conferme. Sarà un proliferare di siti made in Singapore che cominceranno a divulgare indiscrezioni per essere inseguiti dalla polizia postale e forse chiusi ma per rigenerarsi da altre località esotiche. In una parola: un’informazione “stile Bin Laden” che appare, tira una sassata e poi sparisce in attesa di tornare con altri mezzi e da altre segrete località. E’ questo il modello di cronaca che si immagina per un paese moderno?
E, tuttavia, qualche spiraglio si è aperto. La dichiarazione della presidente della commissione giustizia Giulia Buongiorno dimostra che le obiezioni dell’Ordine dei giornalisti non sono campate in aria e, soprattutto, non cadono nel vuoto. Non voglio essere troppo ottimista ma mi sembra che qualche breccia di ragionevolezza si stia spalancando.