“Anche i parlamentari sono uomini. O donne. E a volte non riescono a contenere il risentimento personale. L’indignazione viene di gran lunga dopo lo sconcerto nel vedere una giornalista, l’onorevole Deborah Bergamini, che propone e ottiene la previsione del carcere per i giornalisti che pubblichino intercettazioni delle quali sia stata ordinata la distruzione. Lo sconcerto viene dopo l’incredulità nel vedere un altro parlamentare, l’on Antonino Lo Presti, proporre, e ottenere, che non si possa riferire alcunché, neanche per riassunto, riguardi fatti e persone estranei alle indagini per le quali quelle intercettazioni furono disposte. Nulla, indipendentemente dalla rilevanza di quanto eventualmente emerso. Non importa ci sia l’allarme per un reato grave: se non era quello l’oggetto dell’indagine tutto deve rimanere segreto. Salvo si avvii un’altra procedura con tempi che consentiranno a medici disinvolti di continuare a violare senza ragione il corpo di pazienti sani, a mercanti di morte di integrare i guadagni del traffico di droga con una tratta di esseri umani, a malfattori d’ogni natura e latitudine con molteplicità di interessi criminali di non veder rivelate le loro trame se non una alla volta.
Sbaglia, gravemente, chi lamenta un attentato al diritto di cronaca. Qui in gioco non ci sono i diritti dei giornalisti, ma quello essenziale dei cittadini di essere adeguatamente informati per poter esercitare con consapevolezza i loro diritti costituzionali. Qui in ballo non c’è il desiderio di poter replicare conversazioni più o meno pruriginose, ma il dovere di poter rendere i cittadini partecipi di quel che accade nella società, non solo nel mondo della politica. La previsione di mandare in carcere i giornalisti per fatti collegati al loro lavoro non è certo da Paese civile. I giornalisti non rivendicano diritti speciali, ma auspicano che il Parlamento non perseveri su una strada che impedisce di onorare i doveri che derivano loro dalla Costituzione”.