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DIFFAMAZIONE: le “provocazioni” che tolgono ai cittadini il diritto alla verità

14/11/2012
Il segretario della Lega, Roberto Maroni, definisce “una provocazione” l’emendamento, presentato dalla Lega e votato a scrutinio segreto in Senato, che stabilisce il carcere per i giornalisti. Tutti i parlamentari, salvo poche eccezioni, prendono le distanze dalla misura adottata. Resta da capire chi sono i 131 che lo hanno approvato e quali sono le ragioni vere che li hanno indotto a farlo.
Istintivamente viene da pensare ad una ritorsione. Un Parlamento che si vendica per quanto i giornalisti hanno rivelato sui Lusi, i Batman, le Trote d'ogni latitudine e così seguitando. Poco importa che la nuova legge, come molti ipotizzino, finisca in un cassetto. Resta il giudizio morale, legato alla ritorsione con il voto segreto, e il non dichiarato tentativo di continuare a intimidire i giornalisti, con norme – quelle vigenti – che prevedono non solo il carcere, ma risarcimenti economici senza limiti.
I cittadini non debbono farsi ingannare. Qui non si tratta di tutelare il diritto all’onore di chi eventualmente è diffamato. Ci sono misure ancor più dure del carcere per un giornalista, come la sospensione o la radiazione dall’Ordine. Qui la politica, anche in vista di una consultazione elettorale particolarmente complicata, sta creando condizioni che mettono una pistola alla nuca di migliaia di giornalisti, soprattutto di quelli non contrattualizzati che vengono pagati pochi euro per ogni articolo.
La sola minaccia di una querela, ancor prima della presentazione delle stessa che magari dopo anni viene ritirata per la consapevolezza della sua inconsistenza, ha un effetto intimidatorio che priva i cittadini, non i giornalisti, di elementi di verità sulla vita di ogni giorno, comprese le mille vergogne sui Lusi, sui Batman, sulle tante Trote d’Italia.
Altro che “provocazione”: quanto accaduto ieri in Senato, con il voto segreto, è una vergogna per la democrazia.