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Divieto di accesso degli operatori dell’informazione nei Cie: Odg e Fnsi scrivono al ministro Maroni

15/06/2011
“Con la presente Le chiediamo un urgente incontro, per segnalare alcune difficoltà insorte, tali da limitare il nostro dovere di informare liberamente i cittadini, in ottemperanza all’articolo 21 della Costituzione.
In particolare, i problemi che intendiamo segnalarLe riguardano la possibilità per gli operatori dell’informazione di avere accesso – nel rispetto della privacy di tutti i soggetti interessati – ai luoghi di accoglienza e di trattenimento di migranti e profughi, in questa fase provenienti soprattutto dall’Africa settentrionale.
Tale accesso, a seguito della Sua circolare prot. n. 1305 del 01.04.2011, è oggi e “sino a nuova disposizione” consentito solo ad alcuni organismi umanitari internazionali. Questo si traduce nel fatto che risulta impossibile, per chi intende esercitare il diritto di cronaca, poter verificare con i propri occhi e con i propri strumenti cosa accade in tali luoghi.
A tale proposito, recentemente alcuni giornalisti hanno lanciato un appello - che l’Ordine e il Sindacato dei giornalisti hanno ritenuto di accogliere - in cui si chiede espressamente che detta circolare debba considerarsi non più applicabile.
Pur comprendendo le problematiche derivanti talvolta dalla gestione quotidiana e materiale dell’accoglienza, crediamo che non sia giusto considerare l’informazione un intralcio al funzionamento di queste strutture; anzi siamo convinti che la credibilità e la trasparenza delle stesse debbano essere considerate fondamentali per rafforzare la fiducia nelle istituzioni.
Purtroppo, per quanto riguarda soprattutto i Cie (un tempo Cpt), tali limitazioni non nascono con la suddetta circolare ma sono intrinseche all’esistenza stessa delle strutture. Tutte le direttive finora emanate riguardo alle figure sociali a cui è garantito l’accesso non menzionano gli operatori dell’informazione. Accade anche se queste non sono giuridicamente definite come luoghi di detenzione, e quindi soggette alle limitazioni previste, che comportano preventive richieste di autorizzazione all’ingresso.
Siamo convinti che un momento di discussione in merito risulti estremamente importante, oggi più che mai, non essendo a nostro avviso ammissibile l’esistenza di luoghi di concentramento non volontario di persone che siano inaccessibili alla libera informazione.
Si tratta di una vera e propria anomalia democratica, che peraltro non può essere rimessa - come finora è stato - né alla discrezionalità delle singole autorità prefettizie, né tantomeno alla disponibilità di parlamentari della Repubblica che si fanno garanti per i giornalisti.
Siamo certi che sia possibile addivenire ad una intesa atta a regolamentare il dovere dell’informazione anche in questi luoghi: in maniera tale da non precludere il normale funzionamento delle procedure che in essi vengono svolte e da garantire, come già affermato, l’imprescindibile diritto alla privacy per gli “ospiti”, per gli operatori degli enti gestori, per le forze di polizia predisposte alla vigilanza e alla sorveglianza.
In attesa di una Sua pronta e positiva risposta.”