“La Costituzione repubblicana. I suoi valori e la sua riforma”. Questo il tema dell’evento formativo, organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Calabria nell’ambito della formazione professionale continua, che ha visto come relatore, nell’Aula Magna dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, Luciano Violante, presidente emerito della Camera dei deputati e della Commissione parlamentare antimafia nonché docente, alla Sapienza, di Storia Costituzionale. Dopo un intervento di saluto del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, e del Preside della Facoltà di Giurisprudenza di Catanzaro, Luigi Ventura, ad introdurre la “lectio magistralis” di Violante sulla Costituzione è stato il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri. Davanti ad una platea di oltre duecento giornalisti Violante ha sviluppato un lungo ed articolato ragionamento partendo dal presupposto politico dell’Assemblea Costituente che nel 1947 elaborò la nostra Carta fondamentale. “A prevalere, in quel momento storico -ha detto- fu il principio della rappresentanza rispetto a quello della decisione” e ciò definì il ruolo centrale dei partiti politici nella vita politica italiana anche rispetto a quello del Presidente del Consiglio. “I partiti –ha detto Violante- dovevano essere lo strumento effettivo attraverso il quale i cittadini possono determinare la politica nazionale; il Presidente del Consiglio doveva solo dirigere la politica generale del governo”. Di qui, la breve durata dei Governi italiani. Il problema di oggi è però la crisi profonda dei partiti politici con cui l’Italia fa i conti da tempo, ”crisi che ha determinato il crescente astensionismo man mano che, a partire dal 1991, è venuta meno la funzione del partito politico come comunità”. “Si sta assistendo –ha aggiunto ancora l’ex Presidente della Camera- ad un processo di caporalizzazione del sistema politico”, con partiti sempre più legati al carisma del leader e per questo deboli nella loro funzione di elaborazione di idee e di progetti”. Violante si è poi soffermato sulla riforma costituzionale in itinere, una riforma -ha detto- “che porta a diminuire la legittimità del capo dello Stato accrescendo quella del capo del governo”. Sollecitato dalle domande dei giornalisti, Violante si è soffermato, a margine della “lectio” sulla Costituzione, su temi di stretta attualità. "La Legge Severino -ha commentato- va corretta, anche il presidente dell'Autorità anticorruzione Cantone lo ha detto. Vanno corrette alcune cose visto che contiene contraddizioni che vanno sanate”. Rispetto ai temi che necessitano di una rivisitazione, Violante ha detto: "Uno di fondo è quello relativo alla sopravvivenza del Consiglio regionale in caso di decadenza del presidente, e questo è il problema della Campania. Poi l'abuso di ufficio non era previsto nella Legge delega, invece c'è". Altro tema da rivedere, secondo Violante, è quello della decadenza dopo un primo grado di giudizio. "Vanno fatte alcune correzioni -ha spiegato- per evitare che intervenga la Corte costituzionale. Comunque, devono essere i partiti a decidere se uno deve essere candidato o meno, anche negli spazi che la Severino lascia". "Sono contrario a questa riforma del Senato e sono contento che il presidente Renzi abbia detto che vada rivista. Non sono contrario ad una forte direzione politica del Paese, ma che richiede anche che ci siano dei contrappesi adeguati in un Paese democratico. Il Senato può essere uno di questi contrappesi", ha detto ancora l'ex presidente della Camera. Secondo Violante, "deve esserci un forte potere di decisione per il Governo", ma "non si tratta di far prevalere il potere esecutivo su quello legislativo, ma di rafforzare il potere decisionale del governo, anche per evitare che venga fatto cadere dopo appena un anno". Violante si è anche soffermato sul tema delle intercettazioni. "Il problema delle intercettazioni telefoniche non è quello di quando utilizzare e cosa utilizzare, ma quando pubblicare e cosa pubblicare", ha detto. Violante ha sottolineato che "l'eccessiva vicinanza tra mezzi di comunicazione e Procure della Repubblica è un dato che riguarda la dignità delle persone, ma anche la dignità della professione dei giornalisti e dei magistrati”.