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FORMAZIONE: TRE DEPUTATI PD RICORRONO AL TAR. L'ODG: AI GIORNALISTI COMPETONO MAGGIORI DOVERI

04/05/2015
ROMA, 30 APR - "ABBIAMO PRESENTATO UN RICORSO AL TAR CONTRO IL REGOLAMENTO CHE OBBLIGA I GIORNALISTI AI CORSI DI FORMAZIONE OBBLIGATORIA, CHIEDENDONE L'ANNULLAMENTO. E' STATA DISPOSTA, INFATTI, UN'APPLICAZIONE BUROCRATICA DELLA RIFORMA SEVERINO DEGLI ORDINI PROFESSIONALI, CHE HA FINITO CON IL DANNEGGIARE I CRONISTI". NE DANNO NOTIZIA I DEPUTATI DEL PARTITO DEMOCRATICO MICHELE ANZALDI, ALESSIA ROTTA E MARCO DI MAIO. "IL REGOLAMENTO - SPIEGANO I DEPUTATI DEMOCRATICI - È STATO ERRONEAMENTE MODELLATO SU QUELLO DELLE ALTRE PROFESSIONI SENZA TENER CONTO DELLA PECULIARITÀ DELLA PROFESSIONE DI GIORNALISTA. SAREBBE INFATTI STATO OPPORTUNO VALUTARE LA CIRCOSTANZA CHE GLI ALTRI PROFESSIONISTI HANNO UN CONTATTO DIRETTO CON IL CLIENTE O L'UTENTE E SVOLGONO LA PROPRIA ATTIVITÀ PREVALENTEMENTE IN REGIME DI LAVORO AUTONOMO. L'ATTIVITÀ DEL GIORNALISTA, INVECE, È NELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI CASI SVOLTA MEDIANTE UN RAPPORTO DI LAVORO DI NATURA SUBORDINATA, REGOLATO DAL CNLG DI CATEGORIA, INSERITO IN UNA ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE. L'INTERESSE PUBBLICO È DUNQUE GARANTITO DALLA PARTICOLARE ORGANIZZAZIONE AZIENDALE OVE L'ATTIVITÀ È SVOLTA". ANZALDI, ROTTA E DI MAIO RILEVANO INFINE "UNA SERIE DI CARENZE: DALLA MANCATA ECONOMICITÀ (CON UNA DUPLICAZIONE DEI CORSI), ALL'ASSENZA DI SANZIONI E LA DISCREZIONALITÀ DELLE ESENZIONI".

Se i tre parlamentari, tutti giornalisti, avessero sollecitato un confronto, ad uno di loro da mesi ripetutamente proposto, avrebbero saputo che il Consiglio nazionale di giugno varerà un nuovo regolamento. Lo farà non in base alle pressioni di questo o quel "mostro sacro", ma con l'esperienza maturata in questo primo faticoso anno di corsi che hanno registrato una partecipazione e un consenso straordinari. Come sempre i risultati positivi non fanno notizia,  pur essendo pubblici e documentabili, e si preferisce sottolineare quel che non ha funzionato (c'è stato) o che non corrisponde agli interessi o alle strategie di gruppo. Una formazione quasi esclusivamente a titolo gratuito. Per una scelta dell'Odg che nulla può contro la proposta di corsi a pagamento, previsti indirettamente dalle norme approvate non dai vertici dell'Odg, ma da deputati e senatori.
Il nuovo regolamento nascerà - se avrà il consenso "vincolante' del Ministero della Giustizia che ha imposto appesantimenti significativi per i colleghi prima di approvare quello attualmente vigente -  dopo il confronto che c'è stato con la consulta dei presidenti e dei vice presidenti degli Odg regionali, la prima linea di questo impegno imposto da una legge approvata dai parlamentari che ha messo, essa sì, gli iscritti a tutti gli Ordini professionali nello stesso mucchio. Una scelta, anche questa, del Parlamento, non dell'Odg.
Il resto è polemica sterile e inspiegabile, cominciata con un'iniziale proposta di un parlamentare di escludere dall'obbligo della formazione i direttori perché dopo 12 ore di lavoro sarebbero stati costretti a frequentare un corso tenuto da un loro "sottoposto". Quei direttori che in non pochi casi concorrono a violare i diritti elementari di migliaia di giornalisti, retribuiti con pochi euro per i loro articoli o con spiccioli di euro per i servizi on line. E che continueranno ad essere obbligati a seguire i corsi, senza alcuna eccezione, per quanto riguarda la deontologia così da conoscere, ad esempio, la Carta di Firenze, nata per combattere le mille nuove forme di schiavitù. Le sanzioni, contrariamente a quanto sostengono i tre parlamentari, ci sono e sono quelle chiaramente fissate dalla legge.
La peculiarità principale dei giornalisti, secondo l'Odg, è quella di avere maggiori doveri, non di reclamare immunità più o meno mascherate o più ampi diritti o cercare scorciatoie per direttori o professorini. 
Accetteremo con serenità la valutazione del TAR, consapevoli che le modifiche che saranno proposte dall'Odg al Ministero della Giustizia, che ha l'ultima parola sul regolamento, nasceranno dal dovere di conciliare le esigenze dei giornalisti, a partire dai meno tutelati e non da quelle dei direttori, con i diritti dei cittadini che hanno bisogno sempre più di una informazione di qualità.