Un missile israeliano inesploso a Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza, cinque artificieri palestinesi al lavoro per disinnescarlo. Poi l'esplosione. Sono le ultime sequenze che gli occhi del giornalista Simone Camilli hanno visto prima di chiudersi per sempre. Romano, 35 anni, collaborava con diverse agenzie internazionali, tra cui l'Associated Press, con cui aveva maturato una notevole esperienza sul campo proprio in Israele e nei Territori occupati della Palestina. Nell’esplosione sono morte altre sei persone. Molti i feriti travolti dal violento spostamento d’aria.
Dal 2005 ad oggi Camilli ha raccontato con la sua telecamera decine e decine di guerre: era quello il lavoro che aveva scelto, un lavoro con i suoi rischi.
"Viveva da lungo tempo in quella zona ma in passato ha seguito anche altri conflitti in zone difficili del mondo, autore di numerosi reportage. E' sempre stato in prima linea", sono state le parole dei parenti.
In una delle ultime foto è sotto un ponte con la sua telecamera per documentare a chi guardava le sue immagini da casa che cosa sta accadendo in una delle numerose polveriere del mondo. Poco distante, sdraiati, i guerriglieri curdi impegnati in un combattimento.
A noi piace ricordarlo così, cittadino del mondo che senza essere soldato “andava in guerra” con la telecamera, per raccontare la storia.