Autore:
Francesco Giorgino
Editore:
Mondadori Università (2017), pag. 496, Euro 32,00
Nell’era “liquida” della globalizzazione, della complessità più che della complicazione, dell’individualismo e della personal communication, riflettere sulla funzione sociale dell’informazione significa soprattutto considerare le conseguenze dell’interconnessione fra politica, economia, finanza e cultura, intese come universo di conoscenze conoscibili.
Indagine a tutto tondo sul ruolo dell’informazione secondo i paradigmi della sociologia del giornalismo, questo saggio che ha l’obiettivo: passare in rassegna, con un approccio analitico, puntuale e al tempo stesso critico - come precisa l’autore nella sua introduzione - le principali questioni che riguardano i temi centrali dell’informazione, come il newsmaking, i vecchi e i nuovi modelli di giornalismo, i rapporti fra informazione e politica, economia e cultura, le intersezioni tra questi mondi e la funzione sociale che il giornalismo svolge in ognuna delle dimensioni strategiche della sfera pubblica, analizzando in particolare il senso autentico dell’attività di mediazione dei giornalismi, che deve recuperare il suo ruolo di “media-azione”.
Nella prefazione al volume, Mario Morcellini sostiene che “l’insieme di questi processi non può essere letto appieno se non studiando il giornalismo con il bagaglio e i postulati teorici delle scienze sociali”. E da qui parte la sistematica riflessione di Giorgino, “che cerca di abitare, con un’equivalente economia dell’attenzione, entrambi i mondi - accademico e professionale - fondendo con consapevolezza la conoscenza degli strumenti delle scienze sociali e la pratica giornalistica ad altissimi livelli di visibilità”.
Il volume parte da un contenuto teorico e di ricerca, ma contiene ampie riflessioni critiche e lungimiranti che toccano l’attualità più recente: referendum costituzionale, dimissioni di Renzi, governo Gentiloni, democrazia partecipativa, conflitto magistratura-politica, elezioni americane e vittoria di Trump, crisi economica e ruolo dell’Europa, consumi culturali, mediatizzazione della scienza, della religione e dello sport.
E risponde in modo semplice e sistematico, attraverso l’esperienza di chi vive dall’interno il mondo dell’informazione e della televisione da oltre vent’anni, alle molte domande di un’opinione pubblica sempre più scettica sul ruolo del giornalista nel mondo attuale. Perché alcuni eventi hanno diritto di cittadinanza nella variegata offerta informativa dei media e altri no? La natura del mezzo condiziona la scelta delle notizie? In che misura le routine produttive influenzano la rappresentazione della realtà e l’organizzazione mediale? Quali sono i rapporti dei giornalisti con le fonti e quali sono le fonti? Sono la politica e la finanza a condizionare il sistema mediatico o è quest’ultimo a dare nuova forma alle prime due? In sostanza, il giornalismo serve ancora? O coincide ormai solo con la sua tecnologia?
Quattro le tesi dell’Autore esposte nel libro, dichiarando la sua determinazione nel difendere la funzione sociale del giornalismo, pur nel convincimento della sua radicale trasformazione. In sintesi: la prima è che, pur nell’evoluzione dei modelli tradizionali, a vantaggio di nuove categorie interpretative (dal citizen journalism al data journalism, dal brand journalism alle all news), resta esclusiva la capacità dell’informazione di ricercare, indicare e perseguire quell’orizzonte di senso che nessun altro può garantire. La seconda tesi, relativa al rapporto fra giornalismo e politica, è che più che sulla quantità occorre puntare sulla qualità, se si vuole implementare il livello di democrazia di un Paese. La terza tesi è che l’informazione deve interpretare anche la funzione di arbitro fra politica ed economia, contribuendo a mettere un argine alla prevaricazione della finanza. La quarta e ultima tesi è che nel ventunesimo secolo l’acquisizione della conoscenza da parte del pubblico (interattivo e non più solo attivo) coincide in larga misura con la fruizione di contenuti mediali. E questo dilata la responsabilità dei mezzi di informazione. Perché se è vero che ancora oggi lo studio del giornalismo presenta vistosi margini di indeterminatezza, la professione tutto sommato resiste – come ribadisce Morcellini nella prefazione - e soprattutto è una funzione sociale che si rivela e sarà sempre più necessaria.