“Il rischio è che si precipiti davvero nel ridicolo. A parte questa considerazione non marginale che chiunque può fare: i custodi del segreto d’ufficio non sono, né possono essere, i giornalisti. Lo stesso Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Nicola Mancino ha più volte e pubblicamente affermato che il dovere del giornalista è quello di informare i cittadini, non già custodire segreti che altri, che ne sono titolari, violano”. È questa la dichiarazione del segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino in riferimento alle perquisizioni avvenute, per ordine della Procura di Genova, nelle abitazioni della giornalista Ilaria Cavo e nella redazione di Mediaset, dove lavora. Alla cronista si contesta la violazione del segreto d’ufficio relativa ad una indagine della stessa Procura su Luca Delfino, accusato di aver ucciso due donne, la prima a Sanremo nell’aprile 2006 e la seconda a Genova nell’agosto 2007.
“Il rischio del ridicolo – afferma Iacopino – si presenta quando si ritiene di poter richiamare la violazione di un segreto su una indagine iniziata nel 2006. C’è davvero da riflettere sulla possibilità o la capacità della magistratura di amministrare una giustizia che non può avere tempi così lunghi. Fatti così clamorosi, come quello del duplice omicidio, se lasciati sotto la polvere delle carte giudiziarie rischiano di non avere le risposte che è doveroso dare. Bene fanno, dunque, i giornalisti a cercare di tener desta l’attenzione su episodi come questo, che trasmettono inquietudine. Qui non è più un problema di solidarietà nei confronti della collega Ilaria Cavo, alla quale certo la categoria non la fa mancare, ma è di riflettere sul sistematico tentativo di impedire ai cittadini di avere informazioni alle quali hanno diritto”.