I giovani sono destinati a credere alle bufale in rete se non dispongono di buone basi culturali. Per chi si è fermato alla sola scuola dell’obbligo la condivisione di una bufala sale al 31,7%, mentre scende al 28% per chi ha un diploma di scuola superiore, e al 24% tra i laureati. I laureati ci cascano di meno e si accorgono di una notizia falsa condivisa da un proprio amico/follower.
Nove giovani su dieci, dai 20 ai 34 anni, usano lo smartphone per informarsi, condividere news, chattare su messenger. La rete ormai è una parte integrante della loro vita, il web un mezzo indispensabile per informarsi. I dati sono contenuti nell'indagine condotta dall'Istituto cattolico Giuseppe Toniolo su “Diffusione, uso, insidie dei social network” su un campione di 2182 persone, rappresentativo dei giovani italiani di età 20-34 anni. I ragazzi non sempre sono attrezzati a combattere le bugie in rete, notizie false, fatti clamorosamente distorti.
Questo è stato uno dei temi trattati durante il tradizionale incontro tra gli operatori della Comunicazione e l'Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, in occasione della Festa del loro patrono, San Francesco di Sales. La tavola rotonda si è svolta il 28 gennaio all'Istituto dei Ciechi di Milano, organizzata dall’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Milano e l’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi)
«Occorre ascolto reciproco, benevolenza per ritrovare il senso della verità», ha detto Scola dialogando sul tema «Vero, verosimile, post-verità» con Daria Bignardi (direttore RaiTre), Carlo Verdelli (direttore dimissionario dell’informazione Rai) e Massimo Bernardini (autore e conduttore di «TvTalk» su RaiTre) davanti a 400 giornalisti presenti all’incontro.
Verdelli ha sottolineato che «prima della post verità c’è quasi sempre una bugia, più seducente della notizia che la rete sceglie proprio per questo. I professionisti dell’informazione «devono essere umili e operosi francescani della notizia e fare collettivamente argine applicando, su qualsiasi mezzo, carta stampata, tv, siti, l’algoritmo della credibilità».
«Il punto è il nostro narcisismo – ha insistito Bignardi –. Rilanciamo su Facebook notizie false e provocatorie, spesso solo per avere l’illusione di esistere mediaticamente. Ma anche noi professionisti abbiamo le nostre responsabilità quando ad esempio scegliamo il taglio della notizia che più può far indignare. E da qui che dobbiamo ripartire come professionisti dell’informazione».
Il cardinale Scola prendendo spunto dalla festa liturgica del giorno, San Tommaso di Aquino ha sottolineato: «Tommaso diceva che la verità è corrispondenza tra la realtà e l’intelletto (adaequatio rei et intellectus) e, forse, la questione della post-verità può costringerci a tornare alla verità. Tutto ruota intorno alla realtà, perché se la manchiamo, negando l’accesso alla verità del fatto, il nostro io viene sempre più messo in difficoltà. Oggi alla parola decisiva “reale”, la grande sconosciuta della nostra epoca, si contrappone la diminuzione della verosimiglianza».
Il riferimento è alla Filotéa di san Francesco di Sales che, già nel 1600, definiva il buon metodo dell’agire interpretando i fatti sempre in favore del prossimo e nella maniera più benevola. «Al contrario il verosimile è, oggi, una grande tentazione massimediatica, ma questo deve, semmai, indurre a un lavoro ulteriore per arrivare alla realtà, accettando che il reale mantenga sempre una componente e un aspetto ultimamente misterioso. Credo che abbaiamo tutte le forze, se viviamo l’insieme, per attraversare, in senso costruttivo, questa epoca senza giudicare in maniera irrimediabile la fase che stiamo vivendo. Il problema è rimettere al centro il soggetto che, nell’epoca moderna, è stato scartato. Il punto è capire bene cosa sia la verità, che viene sempre al nostro incontro come un avvenimento, attraverso la trama di circostanze e rapporti che accadono. Per questo è fondamentale il tema dell’ascolto umile e di fecondazione reciproca. Dove ciò manca emerge solo l’emotività e il bisogno di autoaffermazione». Chiaro il monito di Scola: «Il frangente storico in cui prevale la post-verità – che è anche una post-falsità – chiede di mettere l’io al centro: non si tratta di imporre un serie di regole, ma di vivere la persona nella sua interezza. La scelta di giudicare con benevolenza, attraverso un ascolto di fecondazione, permette di stare in questo mondo con piedi solidi».
Nel corso del dibattito non poteva mancare anche una riflessione sui Social. «Facebook è diventato lo strumento principale del pianeta, visto che gran parte degli utenti lo usa come fonte di notizia e addirittura i presidenti di Stati Uniti e Messico hanno dato l’annuncio dell’annullamento del loro incontro su Twitter, saltando ogni intermediazione. Insomma, i giornalisti servono ancora?», ci si chiede. Sì, la risposta che emerge. Per Verdelli, «siamo di fronte a un’invasione per cui è necessaria resistenza. Il giornale di carta credibile, se diminuisce sempre i lettori, deve avere la stessa credibilità in ogni sistema che utilizza».
Daria Bignardi torna a indicare la responsabilità di professionisti che sappiano usare bene i nuovi mezzi che hanno già vinto».
«Per fare un algoritmo di credibilità serve competenza, certo, ma soprattutto chiedersi chi vuole essere l’io, la persona. Dobbiamo sentire la situazione attuale come una provocazione, non come una catastrofe. Tuttavia, se l’io non è solido i processi sempre più celeri di oggi rischieranno di schiacciarci», conclude il Cardinale. Da qui la consegna: «una cura reciproca per affrontare con serenità il presente e il futuro, avendo significato e direzione della vita».