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Giulia Bongiorno: trovare un punto di equilibrio

24/02/2009
Signor Presidente,
 
in questi giorni si è aperto un dibattito sulle novità contenute nel disegno di legge del Guardasigilli Alfano "in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine". In veste di relatrice del provvedimento e di Presidente della Commissione Giustizia alla Camera, ieri, nel mio intervento in Assemblea, ho sottoposto all' Assemblea una riflessione che desidero estendere anche alla Sua attenzione.
 
La materia da regolare è delicata, si tratta infatti di contemperare due interessi entrambi costituzionalmente garantiti: il diritto di cronaca e il diritto alla riservatezza.
 
Al fine di trovare un punto di equilibrio fra i due interessi in conflitto è necessario, a mio avviso, che l'espansione dell'uno non si risolva nella totale compressione dell'altro.
 
In base alle nuove norme del disegno di legge governativo, non sarebbe più consentita, fino al termine delle indagini preliminari, la pubblicazione non soltanto degli atti o del loro riassunto, ma anche del loro contenuto, perfino quando gli atti stessi non sono più coperti da segreto.
 
Se non vi è dubbio che la fase delle indagini preliminari dev'essere tutelata dal segreto, è altrettanto vero che, dopo la discovery degli atti, vietare la diffusione - per esempio - delle ragioni sottese a un'ordinanza di custodia cautelare potrebbe comprimere oltre misura il diritto di cronaca.
 
Mi preoccupa il fatto che, considerata la patologica lentezza dei tempi della nostra giustizia, l’introduzione di un generale divieto di pubblicazione potrebbe comportare il rischio di una eccessiva limitazione non solo del diritto del cittadino a essere informato, ma anche del diritto della collettività di controllare il modo in cui la giustizia viene amministrata in nome del popolo.
 
Tale timore scaturisce dal fatto che l'oggetto della cronaca giudiziaria riguarda episodi di interesse sociale e che la discussione di vicende che hanno fortemente colpito la sensibilità dei cittadini contribuisce alla formazione del senso di giustizia.
 
Un divieto totale di pubblicazione di atti giudiziari fino alla conclusione delle indagini, o fino al termine dell'udienza preliminare, azzererebbe qualsiasi forma di conoscenza nelle prime fasi dell' attività giudiziaria relativa a delitti di grave allarme sociale.
 
Invitando quindi l'Assemblea a una riflessione, ho voluto proprio che si prendesse atto della imprescindibilità del diritto di cronaca e ho proposto divieti meno generalizzati e assoluti ma ben presidiati da sanzioni anche penali.
 
Allo stesso tempo, tuttavia, vorrei fosse chiaro che il diritto di cronaca non può coincidere con la pratica del "gossip giudiziario". Mi riferisco alla divulgazione di notizie processualmente irrilevanti O che riguardano soggetti che nulla hanno a che fare con il processo, coinvolti loro malgrado nella vicenda giudiziaria. Intendo riferirmi alla pubblicazione di atti o di intercettazioni di conversazioni telefoniche assolutamente privi di qualsiasi utilità per la conoscenza delle vicende giudiziarie.
 
Ebbene, credo che sotto questo profilo sia doveroso recepire i principi più volte enunciati dalla Corte di Cassazione, che ha sempre escluso la sussistenza del diritto di cronaca o di critica tutte le volte in cui l'informazione non abbia un contenuto pertinente alla formazione della pubblica opinione, ma sia stata distorta ad altro fine, come quello di «soddisfare istinti di bassa curiosità del pubblico o di praticare il pettegolezzo».
 
In altre parole, ritengo che l'interesse pubblico non debba coincidere con l'Interesse del pubblico dei lettori a vedere appagate curiosità futili e malsane.
 
Ampia tutela quindi al diritto di cronaca, ma sanzioni rigorose laddove questo degeneri in mero pettegolezzo.
 
                                                                    Giulia Bongiorno

 Roma. 24 febbraio 2009