Il Giornale dedica oggi grande spazio critico all'
Ordine dei Giornalisti in relazione alla decisione del Consiglio di disciplina nazionale di ritenere "
non manifestamente infondato" quanto contenuto in un esposto contro
Magdi Cristiano Allam. Non c'è stato alcun processo, ma solo l'avvio di una azione tesa ad accertare se le doglianze sono fondate, offrendo ad Allam tutte le garanzie di legge.
Ho inviato al direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, la seguente lettera:
"Caro Direttore,
leggo i servizi dedicati all'Odg in relazione a una vicenda che riguarda Magdi Cristiano Allam.
Debbo dirti che alcuni toni e non poche espressioni mi sconcertano. L'idea che ci siano degli intoccabili non appartiene alla mia cultura né, a leggere il Giornale, alla tua.
Potrei tacere, perché solo un ignorante (nel senso che non conosce le cose) può non sapere che il Consiglio nazionale di disciplina è organismo autonomo, voluto come tale da una legge dello Stato.
Ma, come ben sai personalmente, non amo le fughe, tanto da essere stato - doverosamente, a mio avviso, ma ugualmente andando contro "corrente" - accanto a te quando a Milano eri sotto processo.
Se non si trattasse di Allam mi verrebbe il sospetto che questa vicenda vien cavalcata per riaccendere l'attenzione su un impegno personale e politico. Ma le cose non stanno esattamente come si afferma, pur citando correttamente i passaggi di un capo di incolpazione.
Non so, essendo estraneo all'organismo, come finirà. Ma so che ad Allam sono state accordate, doverosamente, tutte le opportunità di acquisire i documenti, contenuti nel fascicolo, che riterrà utili. Di più: ha eccepito che i termini di 30 giorni non gli erano sufficienti e gli uffici, mi assicurano, gli hanno formalizzato un prolungamento che, mi riferiscono, è stato di sua soddisfazione.
Ma si tende a trasmettere una informazione distorta. Allam non è stato processato. Ci si è limitati a ritenere "non manifestamente infondato" un esposto presentato da una associazione, "Media e diritto", che si duole per alcune affermazioni contenute in suoi articoli.
Personalmente non mi sarei sentito oltraggiato (ma non mi sento "intoccabile", come scritto in premessa), ma, anzi, avrei colto la notizia non tanto (né solo) come l'opportunità di rivendicare la possibilità di dire quel che penso, ma anche per argomentarne più approfonditamente le ragioni.
Ancor di più, non mi sarei scandalizzato perché questa procedura conferma che non ci sono "intoccabili" e che le ragioni di tutti vengono valutate con attenzione. Una differenza non marginale, ad esempio e senza generalizzazioni, con chi vive di una giustizia, sommaria e tutta sua, sgozzando davanti alla telecamera un giornalista".