Su due giornalisti iscritti all’Ordine solo uno risulta attivo nella professione. O almeno è ”visibile”, nel senso che è titolare di una posizione contributiva all’ Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani, in quanto lavoratore dipendente o autonomo.
Alla fine del 2009 i giornalisti ‘’attivi’’ erano infatti 49.239: il 50,17 % degli iscritti all’ Ordine se si escludono albo speciale e elenco stranieri, e il 45,4% se si considerano anche questi ultimi.
Sempre nel 2009, solo un lavoratore subordinato su 3 aveva un reddito annuo inferiore ai 30.000 euro lordi, più della metà degli autonomi (il 55,25%) dichiarava un reddito annuo inferiore ai 5.000 euro.
La ricerca è stata illustrata questa mattina nella sala Tobagi della Federazione nazionale della stampa, nell’ ambito della giornata internazionale “Stand up for journalism”, evento annuale indetto dalla Efj, Federazione europea dei giornalisti, quest'anno incentrato sul tema ‘giornalismo come bene comune’.
Lo studio delinea la stratificazione e l’evoluzione della popolazione giornalistica negli ultimi 35 anni in Italia attraverso dati di carattere occupazionale, contrattuale e previdenziale: ne emerge l'immagine di una professione frammentata, con status professionali ed economici molto vari e con differenze, a volte, molto profonde fra i vari segmenti che la compongono.
“Questa ricerca – ha detto Franco Siddi, Segretario generale della Fnsi – ci aiuta a comprendere chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando. Oramai il lavoro autonomo ha acquisito la stessa importanza e la stessa forza quantitativa del lavoro dipendente ma il risultato economico è ancora nettamente inferiore e non riesce ad acquisire una concreta dignità professionale. Questa vistosa spaccatura deve scomparire”.
“Cosa può fare l’Ordine?” si è chiesto il presidente Enzo Iacopino. “Far rispettare la legge. Anche se, purtroppo, non è quella che vorremmo e che stiamo tentando di far cambiare dal Parlamento. Gli editori ci usano regolarmente. Dobbiamo trovare una strada – propone Iacopino – per imporre agli editori il rispetto del nostro lavoro”. Da qui la proposta di “creare un tavolo di confronto, a livello nazionale, tra Governo, Ordine, e Federazione per stabilire un minimo di retribuzione”.
Sono, inoltre, intervenuti Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi, Daniele Cerrato, presidente della Casagit, Marina Cosi, presidente del Fondo Giornalisti e i curatori Rea e Pasteris.