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I vent’anni della “Carta di Treviso”

19/10/2012
Il Gruppo di lavoro del Consiglio nazionale dell’Ordine si riunisce a Osimo nell’ambito del Festival sul giornalismo d’inchiesta. Intervista con il coordinatore Cosimo Bruno.
Qualcuno diceva “scripta manent”. Certo, gli scritti restano. Dai tempi dei latini a oggi, però, di cose ne sono cambiate: ecco perché ciò che prima veniva semplicemente scritto oggi va sempre più aggiornato. Soprattutto quando si tratta di comunicazione e di giornalismo. La carta di Treviso è un protocollo siglato il 5 ottobre 1990 dall’Ordine dei giornalisti, dalla Federazione nazionale della stampa italiana e dal Telefono azzurro con l'intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia.
Della Carta di Treviso, della tutela dei minori e di etica si parlerà questa sera a Osimo al Festival sul giornalismo d’inchiesta. La città dei “senza testa” ospita il Gruppo di lavoro del Consiglio nazionale dell’Ordine che terrà qui una delle sue riunioni. In serata (alle 21.15, nelle Grotte del Cantinone) il Coordinatore del Gruppo, Cosimo Bruno e gli altri componenti saranno protagonisti della serata dedicata alla New generation. In particolare sarà presentato il filmato (realizzato da due praticanti della Scuola di Urbino) che ha vinto il concorso nazionale indetto dal Consiglio nazionale dell’Ordine.
La Carta di Treviso, se da una parte salvaguarda il diritto di cronaca, dall'altra pone l'accento sulla responsabilità che tutti i mezzi d'informazione hanno nella costruzione di una società che rispetti appieno l'immagine di bambini, adolescenti e soggetti marginali nella società. Già pochi anni dopo la sua approvazione, la Carta di Treviso è stata oggetto di un primo aggiornamento: nel 25 novembre 1995 è stato predisposto un Vademecum; nel 2006 ci furono ulteriori integrazioni.
“Dagli anni Novanta a oggi – spiega Cosimo Bruno, coordinatore del Gruppo di lavoro del Consiglio nazionale dell’Ordine – il documento ha avuto diversi aggiornamenti. Potremmo dire che ha fatto numerosi passi avanti. Il documento vuole tutelare i minori e quindi le notizie che li riguardano. Prima della sua sottoscrizione venivano commessi tanti abusi nel trattamento delle immagini o delle notizie riguardanti bambini o soggetti deboli. Ecco perché l’Ordine dei giornalisti ha ritenuto quanto mai prioritario sottoscrivere un codice di autoregolamentazione”.

Il gruppo di lavoro, dopo una riunione di lavoro a porte chiuse, incontrerà il pubblico del primo Festival sul giornalismo d’inchiesta, tra cui anche alcuni ragazzi della scuola di giornalismo di Urbino. Quali argomenti affronterete?
“Prima di tutto – spiega Cosimo Bruno, che è consigliere nazionale dell’Ordine sin dal 2005 - tracceremo il percorso che ha portato alla sottoscrizione di questa carta, soffermandoci sugli aggiornamenti effettuati negli anni 2004, 2005 e 2006. Nel 2009 Lorenzo Del Boca, all’epoca era Presidente dell’Ordine, aveva tenuto una conferenza dal titolo ”Informazione fra limiti ed eccessi: dalla Carta di Treviso per la tutela dei minori alla cronaca attuale”. Del Boca sottolineò l’esigenza, per l’Ordine, di procedere all’aggiornamento della Carta di Treviso, soprattutto per quanto riguardava il contenuto lessicale, proprio alla luce delle più avanzate tecnologie che caratterizzano oggi il mondo dell’informazione. Il problema non era e non è se informare o non informare, il problema esisteva ed esiste tuttora, su come informare, specie quando si tratta di minori”.
La Carta di Treviso ha più di vent’annni. C’è quindi ancora bisogno di parlarne?
“Certamente – ha detto Cosimo Bruno – non tutti, purtroppo, la conoscono. Così come magari non conoscono la Carta di Roma o quella di Firenze. E poi, vent’anni non sono tantissimi. Nel 2009 il documento è stato presentato al Parlamento dell’Unione Europea dove ha riscosso grande successo e approvazione. Nello stesso anno l’abbiamo presentata al Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite, a New York. E anche in questa occasione siamo stati ascoltati e applauditi”.
A Osimo si parla di giornalismo di inchiesta. Nell’epoca del taglio delle redazioni, esiste ancora questo genere di giornalismo?
“Il giornalismo d’inchiesta è alla base della vera e buona informazione. Fino a qualche anno fa c’erano tanti servizi di inchiesta. Era, diciamo, ai primi posti come genere giornalistico. Oggi purtroppo si preferisce spendere meno e diminuire la qualità dei servizi e dei giornali”.
Ha senso quindi promuovere un festival su un genere in via di estinzione?
“Penso che l’obiettivo di tutti i professionisti - ha concluso Cosimo Bruno - sia quello di promuovere quei processi che devono portare ad una buona informazione. Per questo ben vengano convegni, festival e incontri nelle Scuole in cui parlare di giornalismo, di comunicazione e di informazione. Alla fine si tratta semplicemente di riprendere quelli che una volta erano i valori dei cittadini”.