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Il Consiglio nazionale a Torino per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia

12/05/2011
Ci sono stati anni, non molto tempo fa, in cui sventolare il tricolore, veniva letto come una provocazione. Non è così, oggi. Quando nel luglio dello scorso anno noi giornalisti abbiamo voluto testimoniare, tutti insieme, il nostro no al provvedimento sulle intercettazioni, l’unità è stata raggiunta sotto il tricolore. I principi non hanno bandiere. O meglio ne hanno una sola, quella che è il simbolo di questo nostro Paese”. Sono queste le parole pronunciate dal presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, in occasione del Consiglio nazionale organizzato a Torino, nella prima capitale della penisola, per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Al centro della cerimonia, che si è svolta nella storica Sala del Senato a Palazzo Madama, Sergio Romano ha tenuto una Lectio Magistralis sul tema: “L’unità nazionale: il caso e la necessità”.
Dobbiamo essere riconoscenti - ha proseguito Iacopino - nei confronti di Carlo Azeglio Ciampi, il presidente che ha consentito di dare il giusto significato alle parole Patria e Nazione, ed è riuscito a imporre il rispetto che merita il nostro tricolore". Questo il messaggio inviato dal presidente Ciampi.
"Anche Oscar Luigi Scalfaro, che è stato al Quirinale - ricorda Iacopino - in anni tormentati per la nostra democrazia, anni duranti i quali è emersa in maniera dolorosa la crisi morale nella quale l’Italia era precipitata" ha inviato un messaggio al Consiglio nazionale.
Infine Iacopino ha letto il messaggio del presidente Giorgio Napolitano che ha ricordato ai giornalisti italiani di onorare i doveri che impone la Costituzione che, al culmine del processo di riscatto democratico, ha posto tra i suoi valori fondamentali la libertà di stampa e di espressione.
Le giornate di lavoro si sono concluse nella Sala della Radio del centro di produzione Rai con un incontro aperto ai colleghi dell’Ordine del Piemonte, in cui il presidente Iacopino ha ricordato la necessità che il Parlamento accolga la legge che toglie i contributi agli editori che non pagano equamente il lavoro giornalistico, chiamando in causa anche i direttori delle testate: “Gli editori - ha concluso - sono i primi responsabili dell’attacco sistematico alla libertà di stampa”.