La nota che il Garante della privacy ha inviato al Presidente del Consiglio per alcuni aspetti sollecita una riflessione. L’Ordine dei giornalisti ha denunciato da tempo l’uso del dolore per fare audience, le sistematiche tentazioni voyeuristiche in particolare di alcune trasmissioni che oltraggiano la dignità dei morti e diventano strumenti di violenza sui vivi, estranei alle vicende giudiziarie, non di rado minori.
L'Ordine è lieto che il garante abbia interrotto questo suo lungo silenzio.
Quel che determina, invece, allarme , è il passaggio delle lettera nel quale il garante, sollecitando una legge, scrive: “Di fronte al fenomeno, sempre più diffuso, del processo mediatico, emerge con forza l’esigenza di un’adeguata selezione delle notizie da diffondere”.
E’ una frase che – certamente al di là delle stesse intenzioni del garante – provoca ricordi non certo felici nella vita del nostro Paese.
Esistono già norme che consentono e perfino impongono ai magistrati di selezionare quanto delle intercettazioni, ad esempio, è utile e quanto, invece, riguarda estranei alle inchieste. Ma non è possibile nascondere che ci sono episodi che pur non costituendo reato sono di indiscutibile interesse pubblico. I cittadini hanno il diritto di conoscerli per la loro intrinseca valenza morale.
Non si tratta di incoraggiare il guardonismo che imperversa in tante trasmissioni tv e su qualche testata della carta stampata né di tollerare la violenza su tanti diritti, anche dei minori, che quotidianamente avviene in certi salotti, nel silenzio di chi potrebbe e dovrebbe intervenire duramente e lo fa ora in singolare coincidenza con la pubblicazione di fatti che riguardano due esponenti politici.
L’Ordine non ha ritenuto di poter accogliere la proposta del Garante di prevedere per la stampa, con un nuovo codice della privacy, quel bavaglio che per due volte aveva tentato di imporre il Parlamento, indotto a desistere dalla pressione dei cittadini che reclamano un diritto elementare: sapere la verità su fatti che sono di interesse pubblico, rappresentino o meno un reato.