Si sono svolti ieri i funerali di Giorgio Santerini a cui hanno partecipato tanti colleghi e amici dello scomparso a testimonianza del profondo segno che ha lasciato nel giornalismo e nelle sue istituzioni rappresentative della professione.
Questo il ricordo che ci ha inviato il consigliere Marco Volpati.
Come Santerini ha cambiato tutti noi
di Marco Volpati
Di Stampa Democratica Giorgio Santerini è stato la mente e l’anima fin dal 1977. Anche quando si era ritirato da tutti gli incarichi non ha mai smesso di pensare e progettare.
Agli esordi fu lui a scegliere Tobagi: da scopritore di talenti aveva visto la genialità di un ragazzo che ambienti importanti si contendevano (l’Università, i giornali), e intuì che Walter poteva essere il capo carismatico di un sindacato davvero nuovo.
Giorgio è stato sempre uno spirito inquieto, con la voglia di cambiare le cose. Nato e cresciuto a Genova, era approdato a Milano come luogo idoneo per i sogni di un intellettuale: letteratura, editoria, poi giornalismo.
Un decennio all’Avanti!, e poi il Corriere. Tre passioni fortissime e permanenti: politica, giornalismo, sindacato. Di politica si è appassionato fino alla scorsa estate. Sempre socialista, anche quando candidarsi al Comune di Milano nel 1997 era una sfida al destino e quasi alla storia; l’orgoglio di riportare un segno di quel riformismo che aveva guidato l’amministrazione della città fin dall’inizio del ‘900. Negli anni ‘70 aveva assunto anche cariche di partito a Milano e Pavia; esperienze, poi archiviate, in cui aveva scelto di essere un regista più che un uomo da palcoscenico.
Giornalismo e sindacalismo divennero presto tutt’uno. Dalla trincea del Corriere maturò la determinazione a cambiare gli equilibri di una Federazione della Stampa bilanciata (lottizzata), che procedeva sommessa in parallelo con la politica, per ottenere qualche attenzione o regalia da governi e partiti dominanti. Lanciò, e alla fine vinse, la battaglia per un sindacato che avesse al centro l’orgoglio dell’autonomia professionale e non fosse addomesticabile; i risultati si videro, soprattutto quando assunse, dal 1990, la segreteria nazionale. Lui e Stampa Democratica ottennero col tempo il riconoscimento e il rispetto di avversari durissimi, che pensavano, e alcuni ancora legittimamente pensano, che un sindacato di giornalisti debba riconoscere il primato alla politica di partito.
Lasciata nel 1996 la segreteria della FNSI, non ha più assunto nessun incarico di categoria; però il suo ritiro non significò mai rifiuto o rimozione. Ha continuato a parlare, analizzare, consigliare.
Per tutto questo tempo lo ha accompagnato un tormento irrisolvibile: che se non avesse insistito perché Walter si occupasse di Associazione Lombarda e di FNSI, forse Tobagi non sarebbe entrato nel mirino degli apprendisti terroristi di Marco Barbone. Segni di questo rovello si riconoscono nelle riflessioni sulla vita e la morte che hanno spazio nei suoi scritti.
Di uno come Santerini si usa dire che ci mancherà. Con lui questo sarà fin troppo vero: nei dubbi, nei crucci, di fronte alle scelte drammatiche, avremo ancora l’impulso di chiedere a Giorgio che cosa è meglio fare.