E’ illegittimo e da annullare il sequestro subìto dal cronista di “LiveSicilia” Riccardo Lo Verso. Lo hanno stabilito i giudici del Tribunale del Riesame di Palermo in seguito al ricorso presentato dalla testata giornalistica dopo che il 20 febbraio, durante due perquisizioni (in redazione e nell’abitazione del giornalista), erano stati sequestrati i pc, il tablet, i pen drive e il telefono del cronista.
“Il sequestro di tutti i macchinari informatici e di tutta la banca dati del giornalista da un lato impedisce o rende maggiormente difficoltosa la sua attività professionale e dall'altro determina una significativa intrusione nella sua sfera professionale, con possibilità di scandagliare tutto il suo lavoro e conoscere tutte le sue 'fonti', anche quelle che non rilevano ai fini della vicenda”.
"L’ordinanza del Tribunale del Riesame – afferma Marcello Montalbano, avvocato del quotidiano - ha il pregio di individuare con estrema chiarezza e precisione i limiti alla possibilità di adottare un provvedimento di sequestro nei confronti di un giornalista rielaborando i principi espressi dalla Corte di Cassazione e anche da recenti sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Proprio la Cedu si è mostrata molto attenta in tema di tutela da assicurare alle fonti giornalistiche: la protezione delle fonti costituisce infatti elemento essenziale per la garanzia della libertà di stampa. Sequestrare il materiale che consente l’individuazione delle fonti alle quali il giornalista garantisce l'anonimato rappresenta non solo una violazione del diritto alla libertà di espressione ma anche un pregiudizio allo svolgimento futuro dell’attività del cronista. In casi del genere, secondo la Cedu, risulterebbero addirittura compromesse la stessa reputazione del giornalista e della testata per la quale eventualmente lavora". Per i giudici Giacomo Montalbano, Gaetano Scaduti e Vincenzo Liotta quel sequestro non ha seguito la trafila giusta. “La libertà d'espressione – scrivono i giudici citando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo – costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica e le garanzie da accordare alla stampa rivestono una importanza particolare in tale prospettiva”.
Di conseguenza, secondo i giudici, “il provvedimento che dispone il sequestro di materiale posseduto da un giornalista, che può condurre alla individuazione delle fonti alle quali il reporter aveva garantito l'anonimato, può costituire una violazione della libertà d'espressione garantita dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, anche perché pregiudica la futura attività del giornalista e del giornale la cui reputazione sarebbe lesa anche agli occhi delle future fonti”.
Il sequestro, disposto dall'aggiunto Vittorio Teresi e dai sostituti Francesco Del Bene, Gaetano Paci e Dario Scaletta, è scattato nel pomeriggio del 20 febbraio, poche ore dopo la pubblicazione dell'articolo di Lo Verso sul colloquio fra Vito Roberto Palazzolo e i magistrati della Procura di Palermo. Con una procedura nella quale secondo il Riesame “vi è stata una palese mancanza di rispetto dell'iter procedimentale”. E che quindi va annullata, “sebbene la Procura di Caltanissetta abbia precisato che i beni in sequestro sarebbero stati restituiti entro il 3 marzo 2014”. Secondo il Riesame, “il tema del segreto professionale e delle altre garanzie che devono essere assicurate al giornalista professionista è essenziale”.