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Il saluto del presidente OdG Iacopino a Papa Bergoglio

23/09/2016
di Enzo Iacopino

Padre Santo, Le confesso che non ho cercato, consapevole che non sarei riuscito a trovarne di adeguate, una frase per manifestarLe la nostra gratitudine per questa udienza. Così glielo dico nella maniera più semplice, ricorrendo a una parola che nell’uso quotidiano ha forse perso il suo significato più intenso: Grazie per questo incontro che abbiamo voluto tutti, tutti. Perché, quale che sia la nostra fede, e qui ci sono colleghi di più religioni, noi apprezziamo il Suo impegno a favore della dignità di tutti, in particolare degli ultimi, nella vita e nel lavoro, senza distinzione per colore della pelle o convinzioni religiose. Qui ci sono i vertici di tutti gli organismi di categoria. Non è un caso, ma è stata una scelta dell’Ordine perché il terribile momento che il nostro mondo attraversa richiede una unità vera, legata solo all’interesse dei colleghi. Con noi ci sono anche numerosi direttori di testate.
“Il vostro è un lavoro importante, delicato”, mi disse Lei in occasione di un incontro con i ragazzi di una comunità che sento come la mia famiglia, quella di don Mario Picchi, un angelo del dolore, un angelo per gli ultimi. Nulla cancellerà quel ricordo, la sorpresa esplosa sul volto dei presenti nel vedere scendere da un’auto il Papa per mangiare con loro una pizza. E’ un lavoro, purtroppo, anche pericoloso, il nostro.
Qui, con noi, ci sono colleghi costretti a vivere sotto scorta. Per servire con la verità i cittadini impongono privazioni non solo a loro stessi, ma anche alle loro famiglie, ai loro figli a volte molto piccoli. E ci sono i familiari di alcuni dei giornalisti che hanno pagato con la vita il loro impegno civile. Le faremo dono, Santità, di un volume contenente gli scritti di Giancarlo Siani, un collega con la “schiena dritta”, assassinato dalla camorra il 23 settembre del 1985, a 26 anni e 4 giorni. Nel nostro Paese, non si erano conclusi gli anni della barbarie, ammesso lo siano ora, che avevano visto impegnato un suo predecessore, Paolo VI, giornalista, figlio del direttore del quotidiano cattolico bresciano "Il Cittadino", che Lei ha beatificato nel 2014. Incontrando i ragazzi del Ceis, Lei ha raccontato il tormento di una giovane che lavorava 11 ore al giorno in aeroporto per 600 euro al mese. Vedendo apprezzato il suo lavoro, provò a chiedere un aumento. Le risposero che poteva andare, se non le stava bene, perché fuori c’era la fila. Padre Santo, qui, in questa sala, ci sono molti che considerano un miraggio quei 600 euro. Lavorano duramente ogni giorno per pochi spiccioli che, a volte, risultano solo promessi e non corrisposti. E’ una nuova forma di schiavitù. La si può negare, ma emerge con la violenza del dolore di chi non ce la fa più. Loro e noi tutti troviamo conforto in parole che ha detto in altre occasioni. Queste, ad esempio: “Se viene qualche benefattore con un'offerta frutto del sangue di gente sfruttata con il lavoro mal pagato dirò brucia il tuo assegno. La Chiesa non ha bisogno di soldi sporchi”.
L’offerta riconoscente che Le facciamo – assieme al dono del quadro di Antonio Molino – per gli interventi che vorrà disporre nelle zone terremotate può accettarla, glielo garantisco. E’ il contributo anche di molti tra gli ultimi, che sanno sempre avere un cuore grande. Confidiamo, Padre Santo, di avere incoraggiamento e conforto oggi, dalla Sua voce.