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La Cassazione e la radiazione di Farina/Le sentenze vanno rispettate

04/07/2011
Annullata, dalla Cassazione, la radiazione dall'Ordine dei giornalisti dell'ex vicedirettore di Libero, e collaboratore del Sismi dietro compenso, Renato Farina, ora deputato del Pdl.

Farina, si era dimesso volontariamente dall'albo dei giornalisti il primo marzo del 2007, quando era venuto a galla che era 'l'agente Betulla', e la cancellazione della sua iscrizione - ad avviso dei supremi giudici - ha comportato "il radicale venir meno del potere disciplinare da parte dell'organo" dei giornalisti per effetto di un "evidente vuoto normativo". La Procura della Suprema Corte, invece, rappresentata da Maurizio Velardi, aveva chiesto la conferma del provvedimento espulsivo.
In particolare, la Cassazione, con la sentenza 14407 della Terza sezione civile, depositata ieri, ha osservato che la legge che regolamenta la professione giornalistica, diversamente da quanto avviene per altri ordini professionali, come quello degli avvocati, non vieta ad un iscritto di dimettersi "in pendenza di un procedimento disciplinare".
"Tale evidente vuoto normativo - ha rilevato la Cassazione - non può peraltro condurre ad una diversa interpretazione della normativa, tenuto conto delle caratteristiche del potere disciplinare che, seppure ispirato a prevalenti interessi pubblicistici, è comunque, per sua natura, esercitabile solo sul presupposto della irrogazione della sanzione disciplinare".
 

 
L'Ordine nazionale dei giornalisti ha l'abitudine di rispettare le sentenze della magistratura. Sempre. Anche quando non coincidono con le decisioni assunte dal suo Consiglio nazionale. Nel caso specifico, la decisione della Cassazione riguarda l'incompetenza dell'Odg nell'infliggere la sanzione della radiazione a Renato Farina per il fatto che lo stesso, a procedimento disciplinare avviato, aveva presentato le dimissioni dall'Ordine.
Nulla la Cassazione dice, e nulla poteva dire, sulle responsabilità di Farina in relazione alla sua peraltro accertata e ammessa attività di collaboratore a pagamento dei servizi segreti. Farina ha patteggiato una condanna a sei mesi di reclusione, commutata in 6.480 euro di multa, e ha ammesso di avere ricevuto dai servizi circa 30.000 euro. Tale attività non è compatibile con le norme deontologiche della professione ed è vietata esplicitamente da una legge dello Stato che impedisce ai servizi segreti di avere, tra altri, “alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, i giornalisti”.
Farina è stato sospeso per dodici mesi dall'Ordine dei giornalisti della Lombardia in data 28.09.2006 (decisione notificata all’interessato il 5.10.2006). Mentre era in corso il procedimento di appello su ricorso del Procuratore generale (30.10.2006) e dello stesso Farina (02.11.2006), l’allora giornalista ha presentato le dimissioni dall'Ordine, il 1 marzo 2007, recepite – nota la Cassazione – dal Consiglio della Lombardia il 20.03.2007, quando era già pubblicamente fissata la data per la decisione che il Consiglio nazionale ha adottato il 29.03.2007.
Farina, indipendentemente dalla sentenza della Cassazione, non è iscritto all'Ordine dei giornalisti.
 

 
Leggo il commento alla sentenza 14407/2011 della Cassazione pubblicato in old.odg.it e sono senza parole. Il Consiglio nazionale non ha mai notificato la data dell’udienza di appello al Consiglio della Lombardia. La unanime presa d’atto delle dimissioni di Renato Farina era, comunque, un atto dovuto. Non c’è un obbligo nella legge di sospendere quella presa d’atto. L’illegalità, come ha scritto la Cassazione, è stata commessa dal Consiglio nazionale che ha giudicato un non iscritto all’Albo.
Franco Abruzzo (già presidente dell’OgL)
 
La successione delle date emerge dagli atti ufficiali, non ultimo il dispositivo della decisione della Cassazione. L'Ordine della Lombardia, allora presieduto dal collega Abruzzo, era certamente al corrente che pendeva un ricorso. Non esistono norme che potessero impedire al Consiglio della Lombardia di prendere atto delle dimissioni, quindi nulla rileva il fatto che il Consiglio e il presidente Abruzzo non avessero avuto notizia della fissazione della data per la decisione del ricorso Farina. Non c’era stata, perché non prevista, una comunicazione formale.