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Le singolari indagini sul Presidente dell'Odg Abruzzo

02/04/2009
Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Lorenzo Del Boca, e il segretario, Enzo Iacopino hanno appreso che la Procura della Repubblica dell’Aquila ha convocato il presidente dell’Ordine regionale dell’Abruzzo quale indagato nell’ambito di un procedimento penale.

Del Boca e Iacopino apprezzano la scelta di Pallotta di mettersi immediatamente a disposizione della magistratura, ma ritengono doveroso fare alcune puntualizzazioni sulle singole contestazioni mosse al presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo.

A Pallotta si contesta

1) di aver ricevuto per posta da un giornalista una pubblicazione intitolata “La vicenda La Rana: una storia da conoscere”, dove per La Rana deve intendersi l’ex Procuratore della Repubblica di Vasto, Giuseppe La Rana. Si trattava, sostiene la Procura di una pubblicazione “illecita”, il tutto aggravato dal fatto che Pallotta “ometteva di farne denuncia alla competente Autorità giudiziaria”.

Siamo dolenti di dover ammettere che né l’Ordine dei giornalisti dell’Abruzzo, né Pallotta e – incredibile, neanche il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti – ha il controllo sulle comunicazioni postali. Non siamo, lo confessiamo, in grado di impedire ad alcuno la possibilità di spedire alcunché.

Il dossier – che era stato già acquisito dalla magistratura – con un provvedimento di sequestro (disposto il 29.11.2006 ) che era pubblico, racchiude anche intercettazioni telefoniche. Solo a fine di verità è opportuno rilevare che il Tribunale di Chieti, in data 21.12.2006, ha disposto il dissequestro e la restituzione del materiale eccedente le tre copie.

Lo stesso dossier è stato inviato a 38 tra singoli e organi istituzionali. Ci rendiamo conto che la Costituzione e le recenti norme approvate dal Parlamento non consentano alla Procura dell’Aquila di convocare il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano (tra i destinatari del plico), ma suggeriamo ai colleghi di essere molto presenti negli Uffici giudiziari del capoluogo perché risulta evidente che la Procura deve avere convocato gli altri 36 destinatari del dossier, tutti egualmente responsabili di non aver denunciato alla magistratura quel che la magistratura aveva acquisito da tempo: si va dal vice presidente a ciascuno dei membri del Csm, ad alcuni ministri, a molti parlamentari e, tra altri, ad alcuni magistrati, tra i quali – sorprendente – lo stesso Procuratore generale dell’Aquila. Tutti, ovviamente – a parte quelli che non hanno “omesso” di fare denuncia – responsabili del reato che si ipotizza a carico di Pallotta.

Di più: Pallotta avrebbe dovuto sapere all’epoca che la condotta di G.T. era illecita. Cioè, avrebbe dovuto sapere in data 1 marzo 2007 quel che la magistratura ipotizza solo in data 24 marzo 2009. I giornalisti sono bravi, ma forse non quanto crede la Procura dell’Aquila.

2)  di avere agito “al fine di favorire l’amico G.T…” esercitando “l’azione disciplinare nei confronti della giornalista B.A utilizzando le indicazioni contenute” nella citata pubblicazione , e, per di più, “omettendo nel contempo di esercitare l’azione disciplinare nei confronti del T, anch’egli iscritto all’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo”

La prova dell’amicizia (considerata dalla Procura un indizio di responsabilità) nasce dal fatto che un iscritto all’Ordine d’Abruzzo si rivolge al suo presidente cominciando la lettera di accompagnamento con un “Caro Stefano” e concludendola con l’invito a guardare, in mezzo a circa 300 pagine, “le parti segnalate, che fanno riferimento a colleghi giornalisti venuti meno alle norme deontologiche”.

Invitiamo, con qualche preoccupazione personale, la Procura della Repubblica dell’Aquila a segnalare a tutti gli Uffici giudiziari italiani la necessità di aprire procedimenti penali a carico dei vertici, regionali e nazionali dell’Ordine, perché le segnalazioni che ricevono non di rado cominciano con un “Caro ….”, segno evidente che nell’attività non si onora il dovere previsto da leggi e regolamenti, ma si obbedisce al richiamo di amici.

Se Pallotta non avesse aperto procedimento disciplinare a carico “della giornalista B.A.” avrebbe, alla luce di quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche – mai smentite da alcuno - commesso il reato di omissione in atti di ufficio, reato che non si capisce quale possa essere in relazione alla condotta del giornalista G.T., che esercitava il diritto, che appartiene a ciascun cittadino, di segnalare alla magistratura e al suo Ordine professionale comportamenti che non ritiene corretti anche e non solo in base alle norme deontologiche.

3)  di aver comunicato a T.G. ”l’esito dell’azione disciplinare esercitata nei confronti della citata giornalista B.A.”.

Pallotta si sarebbe reso responsabile di una violazione grave se non avesse adempiuto a tale obbligo che deriva dall’articolo 40 del regolamento del CNOG, (ratificato con D.D. 18 luglio 2003 del Ministero della Giustizia; G.U n.172 del 26 luglio 2003) che stabilisce testualmente che all’esponente (è la figura del giornalista G.T) “deve essere notificata la decisione” e che lo stesso ha perfino il “diritto di acquisire copia del fascicolo”;

4)   di avere offeso “la reputazione di La Rana Antonio” portando a conoscenza dei membri del Consiglio dell’Ordine quanto era contestato alla “citata giornalista B.A.”

L’idea appare curiosa. Il fatto era notorio in tutta la regione; ne era stato stampato un dossier che la magistratura aveva sequestrato dopo la diffusione di un numero imprecisato di copie. Pallotta, secondo l’ipotesi, avrebbe dovuto nascondere ai membri del suo Consiglio quel che i membri del suo Consiglio già conoscevano autonomamente. Un’idea forse più che curiosa.

L’Ordine dell’Abruzzo e il suo presidente, Stefano Pallotta, si sono comportati con ammirevole correttezza, a garanzia non solo formale dei colleghi coinvolti. Hanno acquisito, in data 21 maggio 2007, un documento della Procura della Repubblica di Bari che segnalava i nomi “dei giornalisti le cui conversazioni con dr Antonio La Rana sono riportate alle pagine da 153 a 157 della richiesta di rinvio a giudizio” formulata nell’ambito di un processo e solo il 28.09.2007 hanno aperto il procedimento disciplinare.

E’ su quegli atti che l’Ordine dell’Abruzzo si è mosso, provenienti dalla magistratura titolata a condurre l’inchiesta penale. Su quegli atti il Consiglio ha discusso, deliberando il 23 aprile 2008 l’apertura formale di un procedimento disciplinare a carico della giornalista “B.A.”, conclusosi il 29 maggio con la sospensione della stessa per due mesi dalla professione.

Una vicenda che appare ancor più paradossale se si legge quanto scrive il Procuratore generale presso la Corte di Appello degli Abruzzi, dottor Bruno Paolo Amicarelli, uno dei destinatari della lettera inviata dal giornalista G.T. anche a Pallotta, in un documento inviato al Cnog.

Scrive il Procuratore, diretto superiore della Procura della Repubblica dell’Aquila: ..” considerato che, con la diffusione da parte dell’avv. G.T. della richiesta di rinvio a giudizio del magistrato La Rana, il contenuto della richiesta stessa è divenuto di pubblico dominio cosicché non può dirsi illecitamente appreso il contenuto di atti che non dovevano essere pubblicati…”

Già, considerato tutto questo, e il resto, noto alla Procura dell’Aquila resta senza risposta una domanda: qual è l’obiettivo di una iniziativa che si fonda su documenti definiti dal dottor Amicarelli “di pubblico dominio”.

Qual è?