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Lo sciopero del Corriere e le difficoltà di una professione mai così in crisi

21/03/2013
I due giorni di sciopero proclamati dal cdr del Corriere della Sera devono farci riflettere.
Da un lato sulla caparbietà di colleghi che, per difendere il posto di lavoro di altri giornalisti, sanno fare squadra e dare all’editore (e al direttore) un segnale forte e inequivocabile. A loro va il mio personale plauso.
Dall’altro, proprio questa stessa forza e determinazione inducono a pensare a quanti altri colleghi, che lavorano in realtà meno blasonate e di dimensioni inferiori rispetto al quotidiano di via Solferino, in questi ultimi anni abbiano dovuto soccombere di fronte ai tagli decisi dalle aziende editoriali per far quadrare i conti.
I loro conti.
Perché se per i più “fortunati” , tra i giornalisti, esiste l’opportunità di accedere al cosiddetto sussidio di disoccupazione, per la maggior parte di chi ha scelto questo lavoro nella consapevole dimensione della precarietà, quando il contratto non viene rinnovato resta solo l’amarezza mista a impotenza.
L’amarezza deriva dal fatto che, pur versando i contributi per la gestione separata dell’Inpgi, non si ha né titolo né diritto ad un piccolo contributo che aiuti a ripartire.
L’impotenza è quella di chi – e potrebbe toccare a ciascuno di noi, vista la crisi del sistema editoriale – rimasto senza occupazione bussa a varie porte per offrire la sua professionalità e deve constatare che gli si preferiscono giovani spesso sottopagati in quanto il profilo professionale è giudicato troppo alto per le risorse a disposizione del probabile datore di lavoro. La generazione dei 40-50enni è quasi un “drop out” sociale.
In tutti i casi, sia per le aziende che dichiarano stato di crisi, sia per chi fa tagli drastici, sia per i colleghi che restano senza lavoro, chi paga il conto più salato di tutta questa situazione è l’Inpgi, il nostro Istituto di previdenza. Meno giornalisti assunti con contratto, meno contributi per l’Ente, meno risorse a disposizione per i disoccupati e problemi per le pensioni.
I colleghi che hanno vinto le elezioni per il rinnovo delle cariche nel nostro Istituto hanno parlato in campagna elettorale, mesi fa, della probabile introduzione di nuovi strumenti di welfare. Io non li ho visti. Può darsi mi sia distratto. Allora, a poco più di un mese dall’appuntamento con il rinnovo delle cariche all’Ordine regionale e nazionale dei giornalisti, credo sia indispensabile ragionare su questa emergenza e affidare a chi intende candidarsi il compito di mettersi in relazione con gli altri organismi rappresentativi (Sindacato, Casagit, Inpgi) per dare vita a una risposta nuova, oltre gli schemi e gli steccati, in grado di offrire un aiuto concreto a chi ne ha bisogno. Servono nuovi strumenti di welfare per i giornalisti. Non domani. Ora.
Così come il Contratto di Lavoro dei Giornalisti, che scadrà il prossimo 31 marzo, giorno della Santa Pasqua, dovrà tenere conto di come e quanto sia cambiata la professione rispetto al quadro che viene delineato dagli attuali articoli che ne compongono il testo. Anche in questo caso serve uno sforzo di fantasia, la capacità di mettere nero su bianco non solo le nuove competenze che svolgere questo mestiere richiede ma anche quali nuovi strumenti di tutela si possono mettere in campo per fronteggiare una situazione economica e del comparto che non presenta segnali di inversione di rotta.
 
di Fabio Benati – componente del Comitato Esecutivo del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti