Per il presidente della Fnsi, Roberto Natale, l’abolizione dell’Ordine del giornalisti "è un colpo di mano"; per il presidente nazionale dell’Ordine, Enzo Iacopino: "Un regalo agli editori".
Sconcerta e preoccupa la norma contenuta nella bozza della manovra finanziaria che prevede la cancellazione di una serie di ordini professionali, incluso quello dei giornalisti. Norma che, successivamente, sarebbe stata sarebbe stata stralciata. Secondo la prima versione del testo della manovra finanziaria, apparso mercoledì 28 giugno, sarebbero destinati a restare in vita solo gli Ordini degli avvocati, dei notai, dei farmacisti, degli ingegneri e degli architetti: 5 su 26.
"La maggioranza con la sua ipotizzata manovra scioglie di fatto l’Ordine dei giornalisti abrogando ogni norma in relazione all’esercizio e all’accesso alla professione. Sarà una giungla peggiore di quella che esiste oggi - afferma Iacopino - Molti tra gli editori potranno continuare a rubare i sogni dei giovani che retribuiscono con pochi euro ad articolo e saranno liberi, senza la presenza dell’Ordine dei giornalisti, di rubare ai cittadini quote di verità. A qualcuno non bastava quel maleodorante bavaglio dell’ipotizzato provvedimento sulle intercettazioni. Il Parlamento non potrà accettare una misura ritorsiva verso i giornalisti che hanno la sola colpa di rispettare il dovere costituzionale di informare i cittadini".
MENO LIBERTÀ - "L’ipotizzata abolizione dell’Ordine dei giornalisti non ha nulla a che fare con la sbandierata liberalizzazione delle professioni e non porterà vantaggi né a chi vuole fare il giornalista, né al cittadino che fruisce dell’informazione - dichiara il presidente dell’Ordine regionale del Veneto, Gianluca Amadori - Senza legge professionale e senza deontontologia il giornalista sarà meno libero e indipendente: dovrà infatti rispondere unicamente agli editori e avrà sempre meno spazio per esercitare con autonomia la professione. Con un accesso libero e indiscriminato (e dunque un’offerta di aspiranti giornalisti ancora maggiore rispetto ad oggi), senza alcun titolo e senza formazione e aggiornamento, gli editori potranno sfruttare ancor di più il lavoro giornalistico, già oggi umiliato e retribuito con com pensi vergognosi. Oggi solo l’Ordine svolge attività di formazione professionale dei giornalisti: in questo settore gli editori non investono nulla".
"Ciò che serve non è abolire l’Ordine - prosegue Amadori - piuttosto è necessario renderlo ancora più efficiente, consentendogli di far crescere il livello professionale e di tutelare effettivamente la correttezza dell’informazione. Ma forse è proprio ciò che non si vuole: non a caso l’ipotesi di abolizione giunge nel momento in cui l’Ordine dei giornalisti funziona e lo sta dimostrando con sanzioni inflitte anche ad importanti colleghi e direttori che violano le regole deontologiche svolgendo un pessimo servizio al cittadino. Ciò che si vuole è un regime senza regole, in cui vige l’impunità, con giornalisti poco qualificati, ridotti a "servi", che non fanno domande e sono disponibili (o costretti) ad ubbidire per mantenere il posto di lavoro".
LA COSTITUZIONE - Chi contesta l’Ordine dei giornalisti dimentica che ha piena legittimazione di esistere e il suo importante ruolo è stato riconosciuto da una sentenza della Corte costituzionale, la n. 11 del 1968.
"Chi tenga presente il complesso mondo della stampa nel quale il giornalista si trova ad operare o consideri che il carattere privato delle imprese editoriali ne condiziona le possibilità di lavoro, non può sottovalutare il rischio al quale è esposto la sua libertà né può negare la necessità di misure e di strumenti a salvaguardarla - scrivono i giudici della Consulta - Il fatto che il giornalista esplica la sua attività divenendo parte di un rapporto di lavoro subordinato non rivela la superfluità di un apparato che si giustificherebbe solo in presenza di una libera professione, tale il senso tradizionale. Quella circostanza, al contrario, mette in risalto l’opportunità che i giornalisti vengano associati in un organismo che, nei confronti del contrapposto potere economico del datori di lavoro, possa contribuire a garantire il rispetto della loro pe rsonalità e, quindi, della loro libertà: compito, questo, che supera di gran lunga la tutela sindacale del diritti della categoria e che perciò può essere assolto solo da un Ordine a struttura democratica che con i suoi poteri di ente pubblico vigili, nei confronti di tutti e nell’interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla".