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MATERA: il processo a cinque giornalisti

14/06/2012
Venerdì 15 giugno a Matera, otto persone, tra le quali due ufficiali e un sottufficiale dei Carabinieri e 5 colleghi, compariranno davanti al giudice dell’udienza preliminare che dovrà decidere sul rinvio a giudizio relativa all’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa e di tentata violenza privata con l’uso delle armi.
Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Enzo Iacopino, ha così commentato la vicenda:
“I giornalisti sbagliano quando rivendicano diritti diversi da quelli di altri cittadini. Hanno, semmai, nei confronti della società, dei doveri in più. Ma per onorarli al meglio debbono essere messi nelle condizioni di capire quali errori commettono. L’elencazione di 52 articoli, genericamente indicati con il solo titolo e con scarni stralci, per rinviare a giudizio dei giornalisti, a Matera, suscita forti perplessità. Non emerge la contestazione di un fatto specifico; l’indicazione del perché una notizia riportata dal periodico “Il Resto” era falsa, in tutto o in parte. C’è semmai qualche citazione che suscita sorrisi: “Coraggio, almeno per una volta, una sfida medievale. Un cavallo a testa, una lancia e via …”, (ecco la “violenza privata con l’uso delle armi”) parole che valgono ad uno dei colleghi l’accusa prevista dall’articolo 610 del codice penale: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare, od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”.
Questa storia si trascina da cinque anni. Con costi significativi per l’amministrazione della giustizia (oltre 23 mila telefonate intercettate per sette mesi da maggio a dicembre 2007) . Una vicenda sulla quale il ministro Paola Severino e il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione dovrebbero fare una riflessione. Confidando che in questo invito, consentito dalle legge nel rispetto delle procedure, qualcuno non ravvisi “un atto di violenza o minaccia”, per il solo fatto che si accende un riflettore su una vicenda costata allo Stato decine di migliaia di euro”.