Nello Rega, giornalista Rai (formatosi all’Ifg di Urbino) da mesi è minacciato di morte per aver scritto un libro sull’Islam, ma è lasciato senza alcuna protezione.
Due cartucce per fucile da caccia sono state fatte trovare a Roma, sul parabrezza dell'automobile del giornalista di televideo Rai Nello Rega, autore nel 2009 del libro "Diversi e divisi" sulla convivenza tra un uomo cristiano e una donna musulmana. L'automobile era parcheggiata in uno spazio recintato nel condominio dove Rega abita, a Roma.
Le due cartucce erano all'interno di una copia di un articolo pubblicato da Aldo Cazzullo su "Sette", settimanale del Corriere della Sera, il 22 luglio scorso. Nell'articolo, Cazzullo sollecitava atti concreti di solidarietà e di protezione per Rega. Il giornalista ha ricevuto ripetute minacce, subito dopo la pubblicazione del libro: gli sono arrivati proiettili e lettere minatorie. Nei mesi scorsi, nella sua auto, a Potenza, fu lasciata la testa di un agnello. "Sono stanco - ha detto Rega all'Ansa - e temo sempre di più per la mia vita. lancio l'ennesimo appello alle istituzioni affinchè io possa essere adeguatamente protetto e tutelato, cosa che finora non è avvenuta". (Ansa).
Nello Rega è vissuto a lungo nelle Marche: si è laureato all’Università di Urbino e successivamente ha frequentato l’Ifg (l’Istituto per la formazione al giornalismo) diventando giornalista professionista. Appena uscito dall’Ifg Urbinate è stato assunto dalla Tv di San Marino. Alcuni anni dopo è passato alla Rai dove attualmente lavora nella redazione di Televideo. Qui di seguito pubblichiamo l’articolo di Aldo Cazzullo, pubblicato dalla rivista “Sette” del Corriere della Sera il 22 luglio scorso.
Dalla rivista “Sette” del Corriere della Sera del 22/7/2010.
Perseguitato e dimenticato
di Aldo Cazzullo
C’è un perseguitato autentico, che rischia davvero la vita; eppure non se lo fila nessuno. Si chiama Nello Rega, ha 43 anni, è un giornalista: inviato di Televideo. Ha scritto un libro sulla sua storia d’amore finita male con una donna sciita, Amira: “Diversi e divisi. Diario di una convivenza con l' Islam”.
“Un amore diviso, quello che si consuma tra un uomo e una donna diversi. Distanti nel modo di comunicare, di baciare, di fare l’amore” scrive Rega. I parenti della donna, collegati ad ambienti islamici internazionali, gliel’hanno giurata. Rega è seguito. I suoi spostamenti sono conosciuti. Quando è a Roma, le buste con i proiettili arrivano a Roma. Quando è a Potenza dalla madre, arrivano a Potenza. Rispetto a quando, l’anno scorso, il Corriere ha raccontato la sua storia, le cose sono se possibili peggiorate. Rega ha pure trovato una testa d’agnello mozzata sull’auto. Gli stessi carabinieri che hanno testimoniato ne hanno scritto una nota inorridita.
La magistratura ha aperto un’indagine (sui cui esiti però non si sa ancora nulla), la Prefettura di Potenza ha disposto un servizio di vigilanza. Rega non è solo. Piccoli segnali sono giunti. Il Comune di Aliano, in Provincia di Matera, il paese che ospitò Carlo Levi durante il confino, gli ha dato la cittadinanza onoraria, “per dare voce a chi oggi non può liberamente parlare di Islam senza incorrere in fatwa e minacce di morte”. Il Sindacato dei giornalisti si è mosso, così come più di un parlamentare. Ma il caso non arriva all’opinione pubblica. L’idea che l’estremismo islamico in Italia esista, e sia in espansione, non ci tocca più di tanto. Lui continua a presentare il suo libro, e puntualmente arrivano nelle varie città in cui si sposta i segnali dei suoi persecutori.
Sono in contatto con Rega, e la mia impressione è che egli non desideri assolutamente divenire un caso o un personaggio. Non è un impostore e non si sente neppure investito di una missione. Non è animato da motivi promozionali. Vorrebbe semplicemente salvare la pelle. Per questo è urgente che il ministero dell’Interno dia una risposta alle richieste che gli giungono da più parti. Sono certo che i denari per la scorta a Rega non sarebbero mal spesi.
Nello Rega: “Vivo nell’incubo di non sapere se arriverò a sera”
“Purtroppo da mesi vivo nell’incubo di non sapere se arriverò a sera. Non sono parole ma uno stato d’animo che mi accompagna ogni istante della mia vita. Quella attuale con l’incubo di una condanna di morte a firma di Hezbollah. Ad oggi ho ricevuto dalla Prefettura di Potenza un provvedimento di semi-sicurezza. Vale solo in alcuni punti del territorio e lascia spazi di insicurezza. C’è un’indagine in corso da parte della magistratura sui possibili autori di queste minacce ma da parte dello Stato non ho ricevuto alcuna risposta alla domanda: perché non ho diritto a essere adeguatamente protetto? Forse perché non sono un volto conosciuto, qualcuno di “affiliato” a consorterie politiche, amico di amici che contano. Sono solo un giornalista che ha scritto un libro, ha espresso le sue opinioni e che ogni attimo rischia di morire per mano di integralisti islamici e di possibili emulatori. Ho il diritto ad avere una risposta adeguata da parte delle istituzioni? E gli organi della stampa nazionale cosa fanno per difendere un collega in pericolo?”.