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Riforma dell’Ordine: meno consiglieri e giudizi più tempestivi

11/07/2008
 A dimostrazione di essere impegnato nella garanzia di diritti generali e non di interessi particolari, l’Ordine dei Giornalisti rilancia l’iniziativa per una radicale autoriforma, sulla quale chiede al Parlamento di assumersi le proprie responsabilità. C'è da mettere mano ad una profonda revisione della legge istitutiva, che risale a 45 anni fa.
I cardini della proposta sono tre: dimezzamento del numero dei consiglieri nazionali, accesso al professionismo attraverso un percorso formativo specializzato, snellimento delle procedure per i provvedimenti disciplinari in modo da renderli più tempestivi ed efficaci.
All’inizio di luglio il Comitato Esecutivo ha fatto proprio un documento di indirizzi votato all’unanimità dalla Commissione Giuridica. Il testo è adesso all’attenzione di tutti i consiglieri nazionali e degli Ordini regionali, e in ottobre il Consiglio nazionale lo discuterà in una apposita sessione.
Primo punto il numero: per effetto dei meccanismi rigidi della legge in vigore, il Consiglio nazionale è oggi composto da più di 130 persone. L’ipotesi di autoriforma le fa scendere a una settantina.
Secondo l’accesso. Sempre per i vincoli di legge, il professionismo è finora precluso a molti che pure hanno il giornalismo come mestiere esclusivo. Essi sono “parcheggiati” nell’elenco dei pubblicisti. La riforma prospettata prevede, invece del praticantato, due fasi di formazione: base di partenza una laurea triennale, seguita da un biennio specialistico (laurea magistrale in giornalismo, master o scuola riconosciuta dall’Ordine). Rimane, non come via principale, l’accesso già in presenza di un contratto di formazione-lavoro, con tirocinio in redazione e studio in strutture esterne certificate dall’Ordine.
Al termine del biennio si accede all’esame di professionista.
Si prevede un congruo periodo di transizione, di alcuni anni, tra il vecchio e il nuovo ordinamento, affinché tutti coloro che lavorano nel giornalismo e vivono di esso possano essere ammessi all’esame, anche senza i nuovi requisiti.
L’elenco dei pubblicisti rimane per gli esperti, portatori di esperienze e specializzazioni (il pubblicista “classico”). L’accesso dovrà però, per il futuro, passare attraverso un corso, dedicato soprattutto a norme e doveri del giornalista, seguito da una prova finale di verifica.
Pilastro di tutta la riforma è comunque la deontologia. Lo scopo è ottenere giudizi solleciti ed equi, garantendo il rispetto delle norme sulla professione e la tutela degli interessi generali. Per questo si propone di istituire una Commissione Deontologica in grado di assumere decisioni in caso di avvertimento e censura. Per le ipotesi più gravi, sospensione e radiazione, l’ultima parola spetterà ancora al Consiglio nazionale, ma con procedure abbreviate rispetto alle attuali.
Queste, in estrema sintesi, le proposte. Resta da ricordare il paradosso di una categoria che spesso è accusata di essere corporativa e conservatrice, mentre da decenni chiede, con formulazioni precise, al Parlamento, una riforma che le consenta di muoversi nella realtà di oggi, quella di Internet e della comunicazione globale, non immaginabile nel 1963 quando l’Ordine venne istituito per legge.
E’ del tutto evidente che i limiti dell’azione di autogoverno dei giornalisti sono solo in parte ovviabili con l’attivismo e i comportamenti virtuosi. Potranno essere superati davvero soltanto con una nuova normativa che vada nel senso che ha indicato l’Ordine, con l’assenso di tutti gli organismi di categoria.