Come si fa a scaricare sui cittadini gli errori degli editori? Semplice. Si inventa un’altra tassa. Così la
Fieg (Federazione Italiana Editori di Giornali) vorrebbe far pagare a tutti gli utenti della rete – a chiunque abbia una connessione – la crisi del settore editoriale.
Carlo Malinconico, presidente della Fieg, è stato abbastanza chiaro: ci vorrebbe una ‘mini-tassa’ per chi ha la connessione a internet e quindi si avvale dei contenuti anche editoriali della rete, che vada a sostegno del settore ancora in forte crisi.
Nel sottolineare che in Germania si e’ seguita una strada analoga con la creazione di una “tassa sul computer”, Malinconico dice che la Fieg non immagina una misura di questo tipo ma piuttosto “abbiamo immaginato un prelievo di entità modesta, dal costo di un caffé al mese o giù di lì, per realizzare una dote di risorse che possa essere d’aiuto in questo frangente”. Quindi “non una soluzione alla crisi, ma – spiega il presidente degli editori – una misura da adottare in modo transitorio”. Una sorta di “strumento forfetario” per dare ossigeno al settore, che ancora attende una soluzione al problema dei contenuti editoriali utilizzati in rete dai motori di ricerca a partire da Google.
A chi gli fa notare che una ‘tassa’ che presume la ricerca di contenuti editoriali da parte di un utente della rete può assumere profili di incostituzionalità, Malinconico replica che “normalmente su certi servizi ci sono oneri di sistema generali che vengono divisi. Si pensi alle bollette elettriche dove si paga anche per il costo delle centrali idroelettriche”.
Insomma, poiché gli utenti di Internet leggono anche i giornali on line, devono farsi carico dei bilanci in rosso dei giornali. Così domani se i petrolieri saranno in crisi, potrebbe esserci un’ulteriore tassa sulla benzina. E i proprietari di squadre di calcio, dove li mettiamo? Appena ci sarà crisi, chiunque vede una partita in televisione, deve aggiungere un obolo al canone.
E poi, gli utenti hanno già dato, con la tassa per la SIAE. Questo paese ha bisogno di alfabetizzazione digitale, di superamento del divario digitale, di incentivi al mondo ICT, non di nuove tasse che affosserebbero il settore e allontanerebbero i cittadini dalla rete.
Se i giornali sono in crisi non è certo colpa della rete, ma dei giornali fotocopia, delle redazioni zeppe di precari pagati quattro soldi, dell’espulsione dei giornalisti di esperienza, della resistenza opposta finora all’innovazione tecnologica, della guerra assurda a Google.
Articolo di Pino Bruno, Consigliere nazionale