Autore:
Maria Rosaria La Morgia, Mario Setta (a cura di)
Editore:
Tracce (2014), pag.195
Nel 1943, al momento dell’Armistizio, erano 72 i campi di concentramento sparsi in varie parti d’Italia per i prigionieri alleati, con 80.000 internati. Più di 40.000 riuscirono a fuggire quasi subito. I tedeschi si misero immediatamente a setacciare i territori circostanti, riprendendone la metà. Gli altri riuscirono a sopravvivere: quelli a Nord in parte riparando in Svizzera, al Sud passando le linee alleate; ma la maggior parte di loro trovarono rifugio tra la popolazione. Tutti, senza aiuti esterni, sarebbero stati ripresi; invece, dovunque, trovarono persone che li aiutarono a varcare le linee nemiche o a nascondersi. La maggior parte dei soccorritori erano contadini e pastori in cui i fuggitivi si erano imbattuti per caso e che li nascosero in fienili o in rifugi improvvisati, dando loro abiti e vitto.
“Il fenomeno dell’assistenza spontanea era generalizzato in tutta la regione abruzzese. Sulla base di statistiche desumibili dai documenti conservati negli archivi di Washington si può calcolare un coinvolgimento di decine di migliaia di persone nell’assistenza, sempre più rischiosa, agli ex prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento dopo l’8 settembre”. La straordinaria generosità della gente d’Abruzzo, così evidenziata da Roger Absalom, storico inglese che è stato ufficiale durante la campagna d’Italia, trova conferma in questo libro, curato dalla giornalista Rai Maria Rosaria La Morgia e dallo studioso Mario Setta. Un’antologia di storie, nell’Abruzzo della seconda guerra mondiale, dedicata proprio ad Absalom. Vicende poco note al grande pubblico.
Elena Aga Rossi scrisse nell’introduzione che vi è una ricca memorialistica di prigionieri che hanno narrato la loro esperienza, ma i volumi sono pubblicati solo in inglese o tradotti da case editrici locali. Precisa anche che la maggioranza dei prigionieri erano inglesi o dei paesi del Commonwealth ed erano stati catturati sul fronte africano (vi erano anche americani, tra i quali piloti abbattuti dalla contraerea). E aggiunge: “Colpisce il fatto che non sono soltanto alcuni individui che accolgono il nemico del giorno prima come ospite, ma è l’intera comunità che partecipa e si organizza per aiutarli, nonostante i proclami dei tedeschi che minacciavano la distruzione delle case dove avessero trovato rifugio i prigionieri e la fucilazione di tutti gli abitanti”.
Tra le testimonianze e i ricordi raccolti, c’è il diario di Maria Eisenstein (“L’internata numero 6”), sulla sua permanenza nel campo di Lanciano. Questo l’incipit: “La mattina del 17 giugno 1940, sette giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia e sei giorni dopo aver ricevuto la notizia della morte di mio padre in Polonia, alle sette e minuti, un ometto in borghese, malvestito, si presentò a casa mia…”. Ma molti ebrei trovarono ospitalità da parte delle famiglie abruzzesi, che li accolsero e li sfamarono. Ne sono testimonianza i ricordi dei confinati e dei fuggiaschi: da Ginzburg a Finzi-Contini, dalla famiglia Modiano ai Fuà, a Beniamino Sadun che, con la madre, si nascose a Scanno, in compagnia dell’amico Carlo Azeglio Ciampi.
Commoventi sono le pagine del diario di Donato Ricchiuti, morto a 24 anni, combattendo con la “Brigata Maiella”. Colpito al petto, nei pressi di Lama dei Peligni. Aveva chiesto e ottenuto di partecipare all’azione, in sostituzione di un compagno.
La “Brigata Maiella”, nata il 5 dicembre 1943, è stata decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Maria Rosaria La Morgia ha intervistato Carlo Troilo, figlio del promotore, l’avvocato Ettore Troilo. Alla domanda sulle caratteristiche della Brigata, Carlo Troilo ha risposto che erano tre le caratteristiche che la distinguevano: fu la prima formazione alla quale gli Alleati diedero fiducia e armi; che Ettore Troilo ottenne dal Maresciallo Messe che non fosse “assorbita” dall’Esercito italiano, ma fosse riconosciuta come un reparto “irregolare” dello stesso Esercito, con autonomia strategica; che fu la sola formazione non legata ai partiti.
“C’è un’ultima Medaglia d’Oro, ha detto Carlo Troilo, che dovrebbe ancora essere assegnata, ed è quella al popolo abruzzese, protagonista silenzioso e modesto di una vera epopea”. A questo proposito, va ricordata la testimonianza del Presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi: “Una popolazione povera, provata da anni di guerra, semplice ma ricca di profonda umanità, accolse con animo fraterno ogni fuggiasco, italiano o straniero; vide in loro gli oppressi, i bisognosi, spartì con loro il pane che non c’era, visse quei mesi duri, di retrovia del fronte di guerra con vero spirito di resistenza, la resistenza alle barbarie”.