Il Consiglio regionale dell'Ordine dei giornalisti del Veneto richiama i colleghi al rispetto delle norme deontologiche della professione in relazione al principio costituzionale di presunzione d'innocenza.
"In tutti i casi di indagini o processi il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato e' innocente fino alla condanna definitiva e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone che non siano state giudicate come tali in un processo", stabilisce la Carta dei doveri del giornalista (Roma, 8 luglio 1993).
In particolare, nei servizi di cronaca nera e giudiziaria, il giornalista e' tenuto ad evidenziare in maniera adeguata quando la versione di cui sta dando conto e' quella della polizia o della procura, precisando che che tale prospettazione accusatoria dovra' passare al vaglio di un giudice. Il giornalista e' tenuto a dare voce, quando possibile, anche alla versione difensiva; in caso di assoluzione o proscioglimento di un indagato "deve sempre dare un appropriato rilievo giornalistico alla notizia, anche facendo riferimento alle notizie e agli articoli pubblicati precedentemente".
Tale obbligo vale anche per la titolazione dei servizi nei quali vanno evitate le formule che possono far credere che la persona oggetto dell'inchiesta sia colpevole, quando ci si trova ancora nella fase delle indagini. Non sono consentite titolazioni del tipo "Preso il mostro", o "Arrestato l'Orco". Anche nei titoli va precisato che si tratta delle accuse formulate da polizia e procura: non sono pochi i casi, infatti, nei quali le accuse iniziali si sono rivelate infondate e persone innocenti sono state arrestate.
Il giornalista e' tenuto a precisare al lettore-radio-telespettatore la differenza tra custodia cautelare e detenzione a seguito di sentenza passata in giudicato, spiegando che la Costituzione e la legge italiana consentono una limitazione della liberta' personale prima di una sentenza di condanna definitiva unicamente per i reati piu' gravi e se ricorrono gravi esigenze (pericolo di reiterazione, di fuga o di inquinamento probatorio). Vanno evitate le formule standard utilizzate nei titoli, come "E' gia' fuori" o "Gia' scarcerato", che possono apparire demagogiche e populiste se non adeguatamente spiegate alla luce delle norme vigenti. Come noto, il legislatore ha stabilito, ad esempio, che la custodia cautelare non pu� essere concessa dal giudice nei casi in cui e' prevedibile che la pena che sara' inflitta all'indagato per quel reato in caso di condanna sia inferiore ai 3 anni di reclusione.
Dunque, poiche' in molti casi e' la norma a non consentire la custodia cautelare, e' preciso dovere del giornalista quello di illustrare in maniera completa e precisa la questione, spiegando al lettore-radio-telespettatore il funzionamento delle procedure di fermo (o arresto) di un indagato; di convalida di questo provvedimento e di eventuale emissione di una misura cautelare.
La Carta dei doveri stabilisce che il giornalista "non deve pubblicare immagini che presentino intenzionalmente o artificiosamente come colpevoli persone che non siano state giudicate come tali in un processo". Deve, inoltre, essere osservata "la massima cautela nel diffondere nome e immagine di persone incriminate per reati minori o condannati a pene lievissime, salvo i casi i particolare rilevanza sociale".
Sul tema dell'informazione relativa alle misure restrittive della liberta' personale e dei detenuti, l'Ordine dei giornalisti della Lombardia ha messo a punto un documento denominato "Carta di Milano - del carcere e della pena", i cui contenuti sono condivisi dal Consiglio regionale dei giornalisti del Veneto. Tale documento sara' trasmesso al Consiglio nazionale al fine di avviare un'approfondita riflessione e discussione. Lo sottoponiamo pertanto all'attenzione di tutti i colleghi.