“Sono nata sotto il segno felice del disordine.” È l’incipit di una vita, quella di Miriam Mafai, che avrebbe conosciuto molti colpi di scena, in decenni tormentati della storia europea: le persecuzioni razziali, la guerra mondiale, la Resistenza, la parabola del comunismo. Miriam era nata in una famiglia di artisti: pittore il padre, Mario Mafai, pittrice e scultrice la madre, Antonietta Raphaël, ebrea fuggita dalla Lituania e giunta in Italia dall’Inghilterra. Visse gli anni dei bombardamenti a Genova e dell’occupazione nazista a Roma, durante la quale assieme alla sorella distribuiva clandestinamente “l’Unità”. Nel dopoguerra la passione – prima civile e solo in un secondo tempo politica – che ispirò molti della sua generazione la portò a proseguire la militanza come funzionaria del Pci in Abruzzo e come assessore comunale a Pescara. Poi gli eventi del 1956, le rivelazioni del XX Congresso del Pcus, l’invasione dell’Ungheria, e il suo trasferimento a Parigi, per cominciare una nuova pagina della sua esistenza.
Questo appassionante racconto di una donna e di un secolo si interrompe qui. L’autobiografia che per anni Miriam si era rifiutata di scrivere, e a cui aveva messo mano solo negli ultimi tempi, con impegno crescente, non sarà mai terminata. La morte le ha impedito di narrarci la sua seconda vita, quella da giornalista.
Queste pagine, sul dipanarsi della storia, a cura della figlia Sara Scalia, ci restituiscono lo sguardo penetrante di una bambina, poi di una ragazza e infine di una donna coraggiosa e ostinata.
“Il titolo di questo libro – scrive la figlia nella presentazione – sarebbe piaciuto molto a mia madre. Era stata lei stessa a suggerirlo, senza volerlo, all’editore, quando in una conversazione le sfuggì, parlando di sé, una battuta: Una vita? Forse quasi due…”.
Miriam Mafai (Firenze, 2 febbraio 1926 – Roma, 9 aprile 2012) giornalista de “l’Unità”, direttrice di “Noi Donne”, inviata di “Paese Sera”, editorialista di “Repubblica”, di cui è stata tra i fondatori nel 1976. Nel 1983 è nominata Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Tra i suoi libri: “Pane nero” (1986), “Il lungo freddo” (1992), “Botteghe Oscure, addio” (1996), “Il sorpasso” (1997), “Il silenzio dei comunisti” (con Vittorio Foa e Alfredo Reichlin, 2002) e “Diario italiano. 1976-2006” (2006).