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In carcere, "redattori diversamente liberi"

20/03/2016
Ogni mercoledì hanno il permesso di uscire dai reparti di detenzione e si incontrano con Renzo Magosso, giornalista e Consiglierre nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nella sala dei computer. In riunione alzano la mano uno dopo l’altro i redattori diversamente liberi del periodico “In Corso d’Opera” ideato e scritto nel carcere di massima sicurezza di Opera in provincia di Milano: fanno proposte operative dopo aver visto i Tg in cella, ascoltate le radio. Chiedono di scrivere su ciò che sta accadendo dentro e fuori le mura.
Ogni mercoledì hanno il permesso di uscire dai reparti di detenzione e si incontrano con Renzo Magosso, giornalista e Consiglierre nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nella sala dei computer. In riunione alzano la mano uno dopo l’altro i redattori diversamente liberi del periodico “In Corso d’Opera” ideato e scritto nel carcere di massima sicurezza di Opera in provincia di Milano: fanno proposte operative dopo aver visto i Tg in cella, ascoltate le radio. Chiedono di scrivere su ciò che sta accadendo dentro e fuori le mura.
Nei tre anni di preparazione e di studio, seguendo un percorso che punta a restituirli al mondo libero dopo aver scontato la loro pena (spesso di oltre 20 anni di reclusione),  si sono organizzati proprio come un vero giornale, due capiredattori, 12 capi servizio che coordinano una sessantina di redattori nei vari settori d’intervento, cronaca, attualità, medicina ( sono più d’uno i dottori con condanna definitiva), sport, inchieste, musica, cucina, e in seguito a questa esperienza hanno cominciato a partecipare anche a corsi di addestramento professionale per falegnami, idraulici, elettricisti, utili per il reintegro.
Partecipano a concorsi letterari di poesia e prosa, spesso si piazzano ai primi posti. Nella serata finale del Festival di San Remo, l’attore Gabriel Garko ha recitato una poesia di Giuseppe Catalano, ‘redattore’del periodico, poeta e scrittore (ha già pubblicato due libri): ora sono molti i cantanti di successo che stanno provando a trasformare questa sua poesia in versione musicale.
Un dato è certo: in questi anni di lavoro hanno maturato la consapevolezza che l’informazione non si può mettere sotto chiave, supera le sbarre, attraversa compartimenti stagni, punta a circolare senza manette. E grazie a questa consapevolezza propongono la loro opzione: quella di scrivere e commentare fatti e notizie di cui si parla e si discute nella convinzione che anche il parere  e le opinioni di persone detenute può contribuire ad allargare e completare la comprensione di eventi protagonisti della realtà di tutti i giorni.
 Partendo da questo presupposto hanno cominciato a navigare tra le notizie che coinvolgono, appassionano, spesso frastornano il mondo civile. Con questo spirito puntano a far sapere che cosa ne pensano delle tragedie in Medioriente (molti conoscono bene quelle realtà dalle quali provengono, il clima, la situazione), hanno scritto delle stragi a Parigi, degli attentati in tutta Europa.
Sugli immigrati hanno idee chiare: fanno notare che il Continente più ricco del mondo è l’Africa. E che è ricco di importanti risorse anche il Medioriente: sostengono che potrebbe esserci libertà e benessere per tutti coloro che ci vivono e non sarebbero costretti a fuggire se questi territori non fossero controllati da sanguinari dittatori al soldo di affaristi internazionali e da bande criminali agli ordini di poteri lontani. Le loro inchieste, con nomi, dati, circostanze, storie di vita vissuta, raccontate con parole semplici ma dirette, possono fornire indicazioni utili, spesso inedite.
Poi, in ogni numero, riportano notizie e dati impressionanti sulle esecuzioni di condannati negli Stati Uniti, in Sudamerica, Asia, nei Paesi arabi: sono diventate la loro parola d’ordine le parole di papa Francesco: “Nessuno può uccidere in nome di Dio”. Poche settimane fa il Pontefice ha risposto ai loro appelli con un’iniziativa concreta: ha pubblicamente annunciato, durante l’Angelus della domenica, che le ostie della Comunione vengono ora realizzate dai panettieri (che lavorano anche in redazione) reclusi a Opera.
Non basta: con i loro interventi prendono posizione contro le reiterate violenze sulle donne, contro le devastazioni del bullismo. E pubblicano recensioni di saggi di economisti e di filosofi contemporanei. A volte capita che vengano intervistati dalle televisioni, come a Expo, dove sono stati accompagnati per un’intera giornata. Resisi conto che non avevano nessuna esperienza davanti a un microfono: ora seguono lezioni di dizione da Marco Volpati, ultimo
‘acquisto’ come volontario,  grande professionista ai vertici dei  tg di Rai e di Mediaset, nonché  Consigliere nazionale dell’Ordine.
Ecco, questa è la realtà in cui Magossi si è calato da più di tre anni. I primi due trascorsi a spiegare le regole principali del giornalismo (banalmente anche ad insegnare a queste persone a scrivere sulla tastiera). Ora sanno andare dritti alla notizia, presentandola senza fronzoli, rispettando il numero delle battute previste negli impaginati. Un altro  volontario, impegnato nella componente grafica e di impaginazione Carlo Ubezio, editor storico del Corriere della Sera.  Il successo più importante è quello di aver tolto il silenziatore a queste ‘voci” mettendole nelle condizioni (dopo aver scontato la pena) di tornare nella società profondamente cambiati, consapevoli di appartenere al mondo civile dove l’informazione è pilastro di democrazia, nel pieno rispetto della libertà di tutti.