La corte ha stabilito che i social network sono una piazza virtuale e pertanto per le frasi pubblicate è configurabile il reato.
La prima sezione della Corte di Cassazione ha affermato, con
sentenza n. 37596 del 12 settembre scorso, che Facebook deve essere considerato un “luogo aperto ed accessibile al pubblico” e pertanto chi scrive insulti o frasi poco rispettose sulle bacheche altrui può essere perseguito per il reato di molestie, art. 660 codice penale.
La sentenza nasce da una denuncia presentata a Livorno nel 2008 da una donna in merito ai commenti a una sua foto. L’autore fu assolto in primo grado dal Tribunale ma poi, nel 2010, fu condannato in appello. Ora la Cassazione, confermando la condanna, stabilisce il principio che Facebook, al pari di altri social network, va considerato come una vera e propria piazza virtuale che consente “un numero indeterminato di accessi e visioni, rese possibili da una evoluzione scientifica che il Legislatore non era arrivato ad immaginare”.
Alcuni pensano che, in base al principio ora affermato, aumenteranno le azioni giudiziarie per minacce, diffamazione e calunnie commesse sui social network.