La Sesta sezione penale della Corte di Cassazione, con
sentenza 31735/2014 depositata il 18 luglio scorso, richiamando le norme in materia del Patto ONU sui diritti civili e politici del 1977 e le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ha fissato una serie di importanti principi giuridici in tema di libertà di stampa e di sequestro del pc, dei supporti informatici ed altro materiale di un giornalista professionista.
In particolare la Suprema Corte ha sancito che:
a) la garanzia del segreto professionale assicurata dall’ordinamento al giornalista professionista non costituisce un privilegio personale di quest’ultimo, bensì un presidio ineludibile a tutela della libera attività di informazione, come ribadito anche dalla Corte di Strasburgo;
b) è pertanto necessario, al fine di contemperare detta garanzia con le esigenze di accertamento dei fatti oggetto di un’indagine penale, il rispetto di un criterio di proporzionalità nell’attività di ricerca della prova;
c) a tal fine è indispensabile che l’ordine di esibizione, e l’eventuale successivo provvedimento di sequestro adottati nei confronti di un giornalista professionista, siano specificamente motivati non solo in ordine al collegamento esistente tra le notizie divulgate ed il tema di indagine, ma anche quanto all’assoluta necessità, per l’accertamento dei fatti, di apprendere la “res” specificamente individuata nel provvedimento.