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Cassazione: valutare il comportamento del direttore di riviste pornografiche non è controllo censorio

29/09/2006

Con sentenza n. 15373/06, la Cassazione nella causa Bonifazi contro il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha cassato la sentenza della Corte di Appello di Roma, che accoglieva il ricorso del Sig. Bonifazi e annullava la sanzione della radiazione comminata a suo carico dal Consiglio nazionale in data 18 maggio 2003. Il Consiglio nazionale aveva confermato la delibera del Consiglio regionale dell’Ordine del Lazio e del Molise, che aveva inflitto al Bonifazi la sanzione disciplinare della radiazione per violazione delle norme deontologiche ex artt. 2 e 48 legge n. 69/1963, relativamente alla direzione responsabile da parte di Bonifazi di tredici riviste, ritenute “pornografiche”. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 34678 del 30 ottobre 2003, considerava sussistente l’illecito disciplinare, in quanto “…per il sol fatto di aver assunto una molteplicità di direzioni, il Bonifazi non ha esercitato alcun effettivo controllo sulle riviste e ha perseguito solo un intento di lucro”. Nel grado di giudizio successivo, la Corte d’Appello di Roma accoglieva, invece, il ricorso del Sig. Bonifazi ritenendo che l’argomentazione secondo cui la direzione responsabile di più riviste equivale automaticamente ad un omesso controllo rappresenti una mera presunzione. Il Consiglio nazionale, nel suo appello incidentale, riteneva  che le pubblicazione in oggetto non avessero nulla di giornalistico. La Corte d’Appello riteneva tali doglianze non condivisibili e rilevava un uso improprio da parte dell’Ordine dell’azione disciplinare e con finalità di censura preventiva sulle pubblicazioni che non compete agli Ordini professionali, sia pure con una motivazione deontologica. Veniva annullato, pertanto, il provvedimento di radiazione dall’albo dei giornalisti adottato nei confronti del Sig. Bonifazi. La Cassazione, nella sentenza n. 15373/06, ha stabilito che l’argomento della Corte d’Appello,  secondo cui il procedimento sanzionatorio di fatto si traduceva in una censura preventiva sulle pubblicazione, è estraneo al tema di decisione sottoposto alla Corte stessa. Si doveva, infatti, stabilire se il comportamento tenuto dal Bonifazi, considerando ovviamente le circostanze di fatto, costituisse o meno comportamento non conforme al decoro e alla dignità professionale ovvero comportamento idoneo a compromettere la propria reputazione e la dignità dell’Ordine. Peraltro, sanzionare il comportamento di un giornalista per fatti ritenuti contrari al decoro – ove sussistenti – non significa certo voler esercitare un controllo censorio sulla pubblicazione che lo stesso dirige o sulla libertà di manifestazione del pensiero.