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Comunicazione pubblica e new media: tra resistenze e nuovi spazi partecipativi

10/10/2014
Alessandro Papini ci presenta il suo libro ‘Post-comunicazione’.
Un confronto tra istituzioni, società e immagine pubblica nell’era delle reti
La società civile. Esiste davvero? E’ reale o è un concetto che è sempre stato semplicemente utilizzato come alibi per definire ‘l’uomo che vive in un gruppo’, come sosteneva il saggio Aristotele? Che ruolo svolge nei confronti dello Stato? Ma soprattutto, come comunica?
Interessante sviluppare questo argomento, quello della comunicazione pubblica e della Pubblica Amministrazione in generale, nei suoi diversi aspetti. E’ un percorso che porta con sé una rivoluzione culturale, costituita fondamentalmente dalle leggi 142/1990  (Ordinamento delle autonomie locali) e 241/90 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), che hanno condotto alle definizioni di Partecipazione e Trasparenza, due cardini del sistema comunicativo pubblico.
E qui il legislatore affida al cittadino diritti e responsabilità nuovi, in un contesto di riordino dello Stato in senso decentrato, che assegna alle pubbliche amministrazioni precisi obblighi di informazione, trasparenza e accessibilità. Non solo. Anche quali strumenti vengono utilizzati, a maggior ragione nell’era del digitale e delle reti, dove le notizie corrono velocemente e spesso senza controlli. Smartphone, tablet, notebook, personal computer, Internet, reti wifi, app e social media hanno drammaticamente mutato il significato relazionale dello spazio, del tempo e delle barriere fisiche per le persone.
Tematiche che vengono approfondite con cura e dedizione nel libro "POST-COMUNICAZIONE. Istituzioni, società e immagine pubblica nell'età delle reti" del professor Alessandro Papini, docente di comunicazione pubblica presso l’Università IULM di Milano. Sì, proprio la post-comunicazione, ovvero “quell’insieme di superfici comunicative e ambienti di interazione generati dalle nuove tecnologie, che sta oggi diventando il moderno paradigma relazionale verso cui individui e società moderne adeguano comportamenti e stili di vita”.
E-publicity, e-government, e-democracy, e-procurement, e-learning:  in poche parole, la Democrazia Digitale. Ma chiediamo direttamente all’autore del libro di spiegarci come funziona, come e quando si utilizza.
Perché lo Stato italiano non sa comunicare?

La considerazione non è mia ma di Giuseppe De Rita. E’ la realtà di questi anni, in cui molto si è fatto, ma poco si è prodotto in termini di efficacia comunicativa delle istituzioni. Questo spiega le difficoltà che oggi il Paese vive nel tentativo di organizzare proiezioni d’immagine coerenti con le proprie strutture d’interesse e più in generale a supporto di una identità competitiva ancora troppo fragile. Al contrario altri paesi sono molto avanti nel branding pubblico e nella capacità di orientare le proprie logiche comunicative rispetto agli interessi di riferimento.
 

‘Alla base di questa incapacità di comunicare c’è essenzialmente l’attitudine autoreferenziale del nostro sistema pubblico’. Ce ne parla?

L’attitudine autoreferenziale del nostro sistema pubblico non è in discussione. E’ un fatto e ha cause lontane nel tempo, non ultimo la scarsa attenzione dimostrata nella formazione della classe dirigente pubblica, per troppo tempo considerata lavoratori di serie b. Oggi paghiamo la conseguenza di un sistema pubblico considerato e utilizzato per troppo tempo come un “deposito elettorale”.
 

Il filosofo Agamben considera alla base della crisi delle società moderne il rapporto tra la legittimità e la legalità, due principi essenziali della nostra tradizione etico-politica. Ci esplica brevemente il rapporto che esiste tra i due sostantivi, applicato alla sfera pubblica?

Mutuando un’analisi che ha finalità e ambizioni ben più alte come quella di Agamben, è plausibile affermare che sia proprio nel presupposto della coscienza legittimità delle istituzioni che trovano fondamento le ragioni più profonde della crisi della comunicazione pubblica italiana. Una crisi che, nata nel dopoguerra come reazione alla iper-comunicazione di regime, ha prodotto nella PA prima la regola del silenzio e segreto, lasciando ai partiti politici la funzione di cerniera comunicativa con i cittadini. E con la crisi del sistema dei partiti ha generato il tentativo da parte delle istituzioni di risolvere la crisi attraverso la legislazione di settore.
 

Gli anni Novanta hanno rappresentato un passaggio importante per la comunicazione pubblica. La trasparenza affida ai cittadini diritti e responsabilità nuovi nel campo della relazione con il sistema pubblico. Come dovrebbe essere gestita oggigiorno la partecipazione tra istituzioni e Cittadini, in considerazione anche della repentina evoluzione della rete?

Proprio gli anni Novanta hanno rappresentato il tentativo di colmare quel vuoto di legittimità delle Istituzioni cadute in profonda crisi con i fatti di tangentopoli. E il conseguente tentativo di istituire per legge la comunicazione pubblica nel Paese. Di qui, per un verso, una comunicazione pubblica che non è mai riuscita veramente a intercettare le dinamiche del cambiamento sociale e di racconto del Paese; per altro verso, un’iniziativa legislativa che ha tentato di dare risposta alla domanda di maggiore comunicazione, partecipazione, inclusione da parte dell’opinione pubblica, ma che non ha mai saputo affrontare la natura reale della sua debolezza Appunto, più di natura istituzionale che comunicativa. La rete ha, a mio parere, ampliato questo disallineamento.
 

Il concetto tradizionale di comunicazione pubblica si trasforma dunque in pubblico interesse. In che modo?

Pubblico interesse significa andare oltre la comunicazione dell’apparato pubblico per orientare lo sguardo a tutto ciò che ha valenza pubblica: dal sociale, al politico, ai sistemi della rappresentanza, alla dimensione solidale, al brand pubblico locale e nazionale, al tema del non profit fin’anche al sistema d’impresa, quando punta a orientare il dibattito pubblico e non a vendere prodotti. Tutto questo è comunicazione pubblica e con questi ambiti le istituzioni debbono relazionarsi, superando definitivamente la logica organizzativa della legge 150, che si è dimostrata un fallimento.
 

Cosa si intende per ‘Attivismo digitale’? E allora, comanda chi è più veloce a navigare, chi ha maggiori conoscenze, chi riesce a sviluppare applicazioni, situazioni e idee nuove?

La società civile ha oggi la grande occasione di tornare protagonista del proprio futuro, aprendosi alle dimensione partecipative e relazionali della nuova sfera pubblica digitale. Uno spazio che ha reso liquidi i confini non solo spaziali, ma anche temporali; che ha reso disintermediati i processi di comunicazione; che consente forme di partecipazione mai sperimentate prima. L’attivismo digitale è la nuova frontiera dalla politica, rispetto a cui tutti siamo portatori e potenzialmente aggregatori di interessi. Caduta la barriera ideologica dell’appartenenza partitica e moltiplicatesi all’infinito le dimensioni della comunicazione, nulla si frappone oggi alla relazione tra società civile e istituzioni.
 

E da ultimo… la ‘Post-comunicazione’, questa (s)conosciuta…

La Post-comunicazione è in essenza la capacità del sistema Paese di rappresentare interessi collettivi e individuali sui diversi piani della comunicazione. Finito il tempo dello Stato-nazione come unità di misura dei processi comunicativi, un nuovo ruolo attende oggi la comunicazione pubblica. L’approccio post-comunicativo spoglia di responsabilità l’apparato pubblico per orientarsi al raccordo con una società civile mediatizzata, globale e autonoma nella auto-rappresentazioni, nel rapporto con le istituzioni e nella determinazione delle priorità. Tutti siamo digitali e organizziamo la nostra vita pubblica attraverso i nuovi media partecipando al racconto complessivo del Paese.
 
 Chi è Alessandro Papini – Classe 1974, docente di comunicazione pubblica presso l’Università IULM , è stato dal 2010 al 2014 direttore Comunicazione e Relazioni Internazionali della Provincia di Milano. Laurea in scienze politiche con specializzazione in comunicazione, è giornalista, autore di saggi e articoli scientifici. Tra i più giovani comunicatori istituzionali italiani, ha lavorato per enti pubblici e sistema privato. E’ stato consulente del Ministero dell’Economia (2003-2008) per i progetti twinnings di comunicazione internazionale. Nel 2010 e nel 2011 è stato visiting scholar presso la George Washington University. Nel 2012 ha pubblicato “La Comunicazione pubblica locale” e nel 2014 “Post-comunicazione”, entrambi per Guerini editore.