Il giornalismo e i giornalisti italiani hanno tante colpe da farsi perdonare. Forse, sono addirittura imperdonabili, quando insultano gratuitamente il congiuntivo o quando litigano, senza ragione, con la grammatica.
In qualche misura, accettano un'omologazione disdicevole. Propongono un modello di società poco riflessivo. Si lasciano guidare dalla casualità, dalla pigrizia e, qualche volta, dalla vigliaccheria. E appaiono, talora, esageratamente acquiescenti con le gerarchie del potere "amico" per diventare inutilmente aggressivi con chi risulta "avversario".
Ma cosa c'entra l'Ordine professionale? Se le stanze di Lungo Tevere Cenci venissero murate la qualità dell'informazione avrebbe un sussulto positivo?
No, con tutta evidenza! Il che significa che le difficoltà dell'informazione dipendono dai modelli editoriali e non dall'attività dei colleghi che, il più delle volte, sono essi stessi i più mortificati per un risultato non compatibile con la fatica che fanno per produrlo.
Dunque, semmai, occorrerebbe un'azione contraria. Rafforzare l'Ordine dei giornalisti in modo che le sue azioni possano essere più tempestive e più efficaci. La legge istitutiva del 1963 - come insistentemente denunciato - fatica in un contesto largamente cambiato da un'accelerazione sociologica che ha distrutto le nostre certezze e invecchiato gli strumenti nei quali confidavamo. Sarebbe necessaria una modifica legislativa - che non dipende dai giornalisti ma dal Parlamento - per rendere più moderna e attuale un'istituzione che, comunque la si voglia considerare, è un baluardo di libertà e di indipendenza.
Senza Ordine, non soltanto non migliorerebbe la qualità dei giornali e dei telegiornali, ma la categoria sarebbe consegnata all'editore che deciderebbe di pubblicare soltanto quello che gli interessa. Come gli interessa e quando gli interessa. Già adesso avviene? Avverrebbe con maggiore frequenza e senza la possibilità di opporre alcuna resistenza.
Analogo commento vale per la pretesa di abolire il finanziamento pubblico dei giornali.
Anche qui, non viviamo nel migliore dei mondi possibile perché alcune testate ricevano delle sovvenzioni senza meritarle. Fogli assolutamente fantasma consentono a pochi sedicenti giornalisti di arricchirsi con il denaro pubblico. Certo, è necessario che il sistema funzioni meglio con controlli più incisivi e più severi. Ma cancellare totalmente l'iniziativa avrebbe come conseguenza il silenzio di voci che non hanno la possibilità di camminare da sole e la cui scomparsa si tradurrebbe in un impoverimento del panorama informativo.
Chi resterebbe in edicola? Gli editori che non avrebbero il problema di mettere mano al portafoglio per pagarsi una quantità di notizie cucite su misura e senza contraddittorio.
Confidare nel mercato che potrebbe fare giustizia è velleitario. Il mercato, abbandonato a se stesso, ha già fatto troppi danni per consentirgli di allargarsi ancora un po'.
Infine, esiste una questione di stile. Ci sono toni utili a evidenziare i problemi e, magari, a risolverli e ci sono altri modi che servono per indispettire con il risultato di rendere inefficace il dialogo e di ascrivere alla parte del torto anche i motivi che starebbero con la ragione. Quella del "vaffa" è precisamente una strada che impedisce, di per sé, una collaborazione costruttiva.