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Derrick De Kerckhove, il sostenitore dell’augmented reality nei processi comunicativi e della società trasparente

28/01/2015
Il sociologo che promuove una nuova forma di espressione artistica, che unisce le arti, l'ingegneria e le nuove tecnologie di telecomunicazione
Derrick De Kerckhove. Un uomo, un professore, un sociologo, un insegnante, uno scrittore, uno dei più conosciuti sociologi di internet a livello mondiale. Ma soprattutto un allievo di Marshall McLuhan, il sociologo canadese sostenitore dell’ipotesi per cui è il mezzo tecnologico a determinare i caratteri strutturali della comunicazione, producendo effetti pervasivi sull'immaginario collettivo, indipendentemente dai contenuti dell'informazione veicolata.
 
Siamo nell’epoca della trasparenza. Aumentata, digitalizzata, immediata e sempre presente. Questa condizione digitale suscita una nuova forma di comunità virtuale: siamo immersi nel Cloud Computing, Internet of things, Big Data, Twitter. Siamo sempre ovunque raggiungibili. Sempre tutti costantemente connessi, ormai i dispositivi elettronici sono diventati parte integrante della nostra vita, fisica e non. Ma fino a che punto utilizziamo la tecnologia, fino a che punto essa aumenta il nostro rapporto con la realtà? Quali sono le conseguenze e quanto ci possiamo considerare schiavi e dipendenti? Qualche risposta ce la potrebbero fornire le tesi di Derrick De Kerckhove, uno degli uomini più ‘internettizzati’che esistano: italiano di adozione e studioso di riferimento per la rete e i suoi effetti sul nostro cervello e sulla cultura. Egli stesso parla di ‘augmented reality’, cioè un superamento della realtà virtuale (nonché ricostruzione mentale di uno spazio), o meglio, un ‘ibrido logico nella maturazione della tecnologia’.
 
In un periodo in cui lo sviluppo delle tecnologie e della rete ci sottopone a una continua introduzione di innovazioni, è sempre quindi maggiore l’esigenza di confrontarsi con le trasformazioni delle abitudini personali e di massa. E come si è trasformata la mente umana con la diffusione delle nuove tecnologie e sulle implicazioni che ne derivano.
Ad esempio ora abbiamo frigoriferi e cucine che parlano, ‘l'uso dell'oggetto e il rapporto di conoscenza con esso ha la sua compresenza in queste informazioni multimediali in più’.  Se ne fa largo uso anche nel settore medico, come in ingegneria. ‘All'università di Napoli, per citare un caso, si realizzano modelli di vagoni di treni con la realtà aumentata a partire da una modellizzazione che permette di visionare tutti i punti forti e deboli del progetto’. Ma anche in ambito culturale possiamo trovare un’augmented reality: una dimostrazione è la danza aumentata, dove i corpi vengono 'riprodotti e ripetuti' in vari modi.
Altro elemento cruciale è il discorso sulla ‘privacy’ e sull’ identità digitale. Un tempo la privacy contava molto, ma ora, quando si sta piu’ tempo su facebook piuttosto che a leggere un libro, allora qui subentra il concetto di inconscio digitale, ovvero tutto quello che si conosce su di noi senza che lo sappiamo. Allora a questo punto non si parla più di privacy, bensì di costruzione della personalità digitale, che parte dall'inconscio digitale. Si dovrebbe poter accedere a tutti i dati che ci riguardano perché queste sono informazioni che ci appartengono. ‘La quantità di dati che appare on line su di ciascuno di noi crea un’identità di cui nessuno è pienamente consapevole. Un nostro io digitale tracciabile da chiunque ma che sfugge alla nostra coscienza’.
 
Tutte queste teorie vengono quindi a modificare anche l’identità dell’essere umano. Cambia la vita relazionale, professionale emotiva e sentimentale e il tutto incide sulla ‘reputazione digitale’ di ciascuno di noi: i nostri avatar, i nostri profili sui social network e sulle piu’ svariate identità. L’identità umana diviene dunque piu’ malleabile, piu’ ‘mobile’, aperta a molti e qui tutte le varie componenti del nostro ‘io digitale’ accessibile a chiunque sono tante e completamente tracciabili. E da qui il concetto di una società ‘reciprocamente trasparente’: tutti vedono e tutti sono visti, non esiste piu’ il concetto di segretezza. Si basti pensare all’evasione delle tasse, ora il cittadino non puo’ piu’ ‘nascondere’, in quanto il suo reddito e i suoi consumi diventano di pubblica conoscenza. Occorre quindi imparare a gestire e osservare i dati pubblici sul nostro conto, partendo da quelli che noi pubblichiamo.
 
Anche la vita emozionale sulla rete è immensa. Le persone sentono sempre piu’ la necessità di condividere sempre più particolari della propria vita. La rete non ha pudore. I social media trasportano emozioni e le fanno condividere. E’ come un sistema complessivo di impulsi, sogni e delusioni, che circolano in pochi nanosecondi. La sola verità è che oggi siamo completamente trasparenti: un individuo connesso, non è indipendente. Ma per stare sempre up-to-date, ci tocca.  Anche senza Google Glass.