Ecco il testo della lettera del presidente Sergio Miravalle che è stata letta in Consiglio regionale dell’Ordine durante la seduta del 5 ottobre scorso:
Le dimissioni della collega segretario dell’Ordine Emmanuela Banfo sono il segno evidente di un disagio personale e politico che si era già manifestato nei mesi scorsi. Le prese di posizione e l’invito pubblico a ritirare le dimissioni rivolte allora a Emmanuela da un gruppo consistente di colleghi dentro e fuori dal Consiglio, l’avevano convinta a restare al suo posto con rinnovato impegno.
Di questo e di tutto il lavoro intenso e intelligente svolto fin dall’inizio di questa consiliatura l’intero Consiglio deve ringraziare la collega. Banfo che ha interpretato il ruolo di segretario dell’Ordine con impegno e passione non comuni, figli di una scuola di vita e di lavoro che la vedono impegnata non solo nella professione ma anche e in altre istituzioni culturali, didattiche,sociali, religiose.
Emmanuela è stata una ricchezza per l’Ordine dei giornalisti del Piemonte.
Oggi con una nuova articolata lettera la collega Banfo rimette il mandato e si dichiara non più in sintonia con parte della maggioranza e delle squadra che era stata eletta nel 2007.
Un atto coerente, certamente meditato che rispettiamo e non possiamo che valutare prima di tutto con la stessa amarezza citata da Emmanuela.
Amarezza aggiunta a sorpresa perché le scelte che ci avevano indotto a presentarci uniti al giudizio dei colleghi sono ancora valide e valgono come comun denominatore tra chi vuole che l’Ordine sia rappresentativo di tutti i giornalisti e solo dei giornalisti.
Il documento che abbiamo sottoscritto allora era chiaro. Un Ordine che non sia solo “una tassa” ma sappia offrire ai colleghi valutazioni serene sui loro comportamenti professionali dal punto di vista etico e deontologico.
Un Ordine che gestisca e aggiorni le iscrizioni agli albi, senza favorire rendite di posizione e status quo numerici accertando, il più possibile, con contatti diretti e non solo cartacei il reale svolgimento dell’attività giornalistica declinata nei molti modi che emergono sempre più dal variegato mondo dell’informazione Un Ordine attento alla formazione dei colleghi e degli aspiranti giornalisti che dialoghi con le scuole e l’Università del territorio Un Ordine regionale che entri nel dibattito sulle necessaria riforma della nostra istituzione nata con una legge vecchia del 1963 si confronti le scelte romane, insista per fermare l’elefantismo di un Consiglio nazionale che si avvicinerà ai 150 componenti, chieda con forza che a rappresentare il giornalismo piemontese nei vari organismi (commissioni d’esame comprese) siano chiamati colleghi di indubbia esperienza professionale.
Emmanuela Banfo ha condiviso in prima persona queste scelte e ha contribuito al lavoro svolto da questo consiglio per avvicinare l’Ordine ai colleghi, renderlo meno burocratico, aprirlo alle iniziative pubbliche, dotarlo di un nuovo sito Internet interattivo.
Scelte condivise anche nella difesa delle fasce più deboli delle categoria, nel mantenimento dell’oculata amministrazione dei bilanci, nella decisione di non aumentare le quote di iscrizione che sono oggi le più basse tra gli ordini regionali (85 euro l’anno).
C’ è ancora molto lavoro da fare a cominciare dal rinnovo della convenzione con la Stampa Subalpina che mantenga sempre più vivo e operativo il palazzo di corso Stai Uniti 27, la vera casa dei giornalisti piemontesi. Anzi proprio in questa sede che già ospita oltre all’Ordine e alla Subalpina, anche Casagit e Inpgi potrebbe, d’intesa con il Circolo della Stampa trovare spazio e degna collocazione anche il Centro studi Pestelli per dare al giornalismo non solo piemontese una base operativa adeguata in termini di ricerche, indagini, raccolta di testimonianze, eventi ecc.
Il Consiglio eletto nel 2007 , dove non sono mancati e non mancheranno la dialettica anche aspra tra i suoi nove componenti , è chiamato a concludere il lavori intrapreso.
In Consiglio al posto della collega Banfo subentrerà in base al risultato elettorale il primo dei non eletti Girolamo Mangano.
A lui gli auguri di buon lavoro e la certezza del suo impegno a favore dei colleghi.
Sergio Miravalle
Le dimissioni della consigliera segretario Emmanuela Banfo
Care colleghe e cari colleghi,
è con amarezza che lascio l’incarico nel consiglio dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte. E' un incarico in cui ho creduto. Credo in un’istituzione che tuteli e vigili sulla professionalità della nostra categoria, non come organo d’inquisizione ma a sua garanzia, sulla “buona” informazione, sulla sua qualità che abbia al centro il rispetto delle persone: rispetto dei giornalisti come lavoratori in un settore cardine della democrazia, vitale per la libertà di un Paese, ma rispetto anche dei cittadini tutti coi quali ci deve legare un patto di fiducia.
E’ con amarezza che lascio ciò in cui pensavo di dare il mio modesto contributo, di esperienza, di passione per ideali che ho nel cuore. Resto convinta che il nostro Ordine possa avere un senso, anzi possa avere sempre più senso in un contesto in cui il giornalismo sta modificando le sue connotazioni e in cui è forte il rischio di impoverimento e, soprattutto, di perdita di identità. Resto convinta che l’Ordine possa essere uno strumento di autocontrollo efficace se sarà capace, però, di mantenere, o meglio recuperare, la sua autonomia rispetto ad altre forme, altrettanto indispensabili, di rappresentanza degli interessi della categoria e di affermarsi autorevolmente come il punto di riferimento forte dei suoi iscritti in primis, ma anche della società civile. Per questo sono convinta che l’Ordine non debba essere terreno di scontro politico, ma luogo di costruttiva dialettica capace di far prevalere sulle divergenze, le diversità di opinioni (guai se non ci fossero! Sono indispensabili ingredienti della democrazia) il comune interesse che è scritto nella legge istitutiva del nostro Ordine. Legge che sicuramente necessita di essere riformata, ma che s’impernia su alcuni cardini insostituibili. Soltanto nella certezza del diritto, nella sua oggettività, è possibile – a mio parere – garantire l’equità ed è nel quadro di esso che s’inseriscono tutele e garanzie, non ad personam, ma di tutti. Altrettanto le iniziative di innovazione normativa e procedurale sono auspicabili, ma anch’esse in tale contesto. E’ con amarezza che devo prendere atto di come siano mutate le condizioni che mi avevano portato ad accettare il mio secondo mandato. La bussola personale del mio agire è orientata sulla lealtà, sul rigore dei comportamenti e le mie dimissioni vi prego di interpretarle alla luce di questo contesto. Il disagio che ho manifestato nei mesi scorsi, in modi che possono essere sembrati poco in sintonia con l’Emmanuela Banfo che alcuni di voi conoscono da molti anni e di ciò mi rammarico, non ha trovato soluzione. Per lo meno soluzione coerente alla mia personalissima bussola etica. Inserita in una “squadra” mi sono presentata alle elezioni e dal momento che ne sono uscita non trovandomi più in sintonia politica con parte di essa, per coerenza devo lasciare il mandato. Le mie dimissioni – ci tengo a ribadire – non hanno alcuna motivazione personale, ma politica. Spero – finché il Signore mi darà i giorni – di poter essere ancora utile da esterna, soprattutto in difesa dei bambini. Un giornalismo amico dei bambini è un giornalismo amico dei più deboli, dei più indifesi, di chi più di altri ha bisogno di noi.
Emmanuela Banfo