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Fatti e opinioni, distinti ma non distanti: non tutte le "W" sono uguali

01/06/2015
Gianpiero Gamaleri, giornalista professionista, è Professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi; è Preside della Facoltà di Scienze della comunicazione all’Università Telematica Internazionale Uninettuno (Roma) e docente di Teoria della comunicazione alla Pontificia Università della Santa Croce (Roma). Tra i suoi saggi: “La nuova galassia McLuhan. Vivere l’implosione del pianeta”, “Le mail di Obama”, “Lo scenario dei media. Radio, televisione, tecnologie avanzate”. Il suo più recente lavoro è “Fatti e opinioni, distinti ma non distanti” (Ed. Centro di Documentazione Giornalistica).
 
 
Perché “Fatti e opinioni, distinti ma non distanti”?
 
Da una parte c’è l’esigenza di un giornalismo sempre più affidabile, cioè ancorato alla ricostruzione degli eventi. Un giornalismo che non sia superficiale o tanto meno fazioso, ma rispettoso della realtà dei fatti. Dall’altra c’è l’esigenza complementare di un approfondimento degli eventi in una società tanto complessa in cui quasi sempre le cose non sono come appaiono, ma occorre scavare per capirle meglio o poter intervenire con equilibrio ed efficacia. Per cui la distinzione tra fatti e opinioni è più che mai importante. Ma è altrettanto importante accompagnare alla cronaca l’approfondimento. Ecco la ragione del titolo del mio libro.
 
 
Qual è la parte più importante del volume?
 
E’ difficile a dirsi. Il libro è nato come una raccolta ragionata di articoli scritti negli ultimi due anni e organizzati in tre parti. Una prima parte riguarda i grandi personaggi ed eventi religiosi, dalla rinuncia di Benedetto XVI alla proclamazione di Papa Francesco. Qui mi ha dato molta soddisfazione l’analisi che ho fatto del primo discorso del Papa dalla Loggia, quello dell’inatteso “Fratelli e sorelle, buonasera”. E’ stato un momento straordinario, e c’era la necessità di ripercorrerlo parola per parola, di riassaporarlo, di riviverlo. E questo ho cercato di fare. E devo dire che questo lavoro è piaciuto perché mi è stato richiesto di ripeterlo sia al Giornale Radio che in alcune rubriche televisive. Nella seconda parte, dedicata a personaggi della Rai che spesso ho conosciuto di persona, quelli che mi hanno più colpito sono stati proprio i dirigenti dimenticati, come Filiberto Guala e Pierantonino Berté. Il primo, negli ultimi anni ‘50 ha assunto quei giovani che avrebbero fondato il giornalismo televisivo: Angelo Guglielmi, Furio Colombo, persino Umberto Eco. Il secondo ha portato a compimento la riforma pluralistica dell’azienda tra il 1976 e il 1979. Due pilastri che andrebbero riscoperti. Nel capitolo infine dedicato all’”Italia ferita” ricordo la vicenda dei conduttori dei vagoni letto che, alla chiusura della loro attività, si sono asserragliati per mesi in una torre nello snodo ferroviario della stazione centrale di Milano: da portieri d’hotel d’alto bordo si sono ridotti ad operai disoccupati ed avviliti. Ecco un altro caso toccante in cui cronaca e commento stanno bene insieme.
 
Dobbiamo ricordare la filosofia del “Times” di New York, riassunta nell’espressione “All the news that’s fit to print”, tutte le notizie che è giusto stampare, che fa esplicito riferimento al primato della notizia rispetto al commento?
 
Ovviamente i fatti sono i mattoni dell’informazione e sono gli elementi che è obbligatorio pubblicare. Pensiamo a quelle notizie di agenzia che riportano eventi clamorosi: il loro valore sta qualche volta in una sola riga, persino in due o tre parole. Dopo però si scatena tutta la rappresentazione della complessità e delle conseguenze. Il “fatto” è il big bang del giornalismo. Da quello può e deve nascere un universo di notizie e anche di commenti, opinioni, interpretazioni.
 
Può spiegare su quale base le hard news sono distinte dalla new analysis?
 
Who?What? Where?When? Why?: Chi? Che cosa? Dove? Quando? Perché? – sono  le cinque domande che guidano il giornalismo d’Oltremanica e d’Oltreoceano. Ma non tutte le W sono uguali. Le prime quattro riguardano i fatti. La quinta W – Why?, Perché? – concerne le opinioni: non più la ricostruzione degli eventi, ma la ricerca delle cause. Proprio su questa distinzione si basa l’espressione-chiave: “I fatti separati dalle opinioni”, le hard news distinte dalla news analisys.
 
È su questa distinzione che la professione giornalistica fonda la sua autorevolezza?
 
Sicuramente sì. Dobbiamo aggiungere che qui in Italia abbiamo un vistoso deficit di autorevolezza che è dato proprio dagli organi d’informazione “schierati”. Ho paragonato l’edicola a una cabina elettorale, dove il cittadino-lettore esprime il suo voto scegliendo un giornale sulla base dello schieramento politico. E’ una situazione di barbarie informativa che ci ricorda l’ammonimento di Ugo Ojetti: “Vedi di non chiamare intelligenti solo quelli che la pensano come te!”. Gioca in questo senso anche il meccanismo di finanziamento della stampa, anche quel poco che ne rimane: nel senso di attribuire benefici agli organi di partito, di sindacato o di associazione, per cui molte testate assumono questa fisonomia anche per ragioni di sopravvivenza. La riprova è molto semplice: di fronte a qualsiasi evento, specie di politica interna, il cittadino attento sa già il giorno prima quale sarà il titolo del proprio giornale, schierato a seconda della sua posizione politica. Questo menoma quell’indipendenza che alla base dell’autorevolezza di una testata.
 
Non è il caso di fare una riflessione anche sulle fonti?
 
Il discorso delle fonti è oggi reso attualissimo dalla presenza di Internet, che diventa sempre più competitivo rispetto ai tradizionali canali informativi. Ogni momento nascono nuove applicazioni che incidono sulla formazione della notizia. Pensiamo alle immagini da telefonino che oggi accompagnano, precedono e spesso sostituiscono quelle del fotoreporter. Talora anche con risultati clamorosi, come nel caso del cittadino che ha ripreso negli Stati Uniti l’uccisione alle spalle di un uomo di colore da parte di un poliziotto. Per la prima volta è finito direttamente in carcere data l’evidenza inequivocabile dei fatti. Pensiamo anche alle immagini del poliziotto ucciso sul marciapiede da un terrorista a sangue freddo nell’assalto a Parigi alla sede di Charlie Hebdo. Inoltre Twitter spiazza le agenzie, dandoci dichiarazioni in diretta dei protagonisti della politica e attraverso le e-mail Obama ha condotto le sue campagne elettorali dialogando direttamente con gli elettori.
       Resta il problema dell’affidabilità delle fonti in un sistema in cui tutti gli autori presenti nel web non sono mossi da una deontologia professionale ma da un interesse di parte, per quanto nobile possa essere. Proprio questo rende ancor più importante il ruolo della stampa professionale perché è quella che garantisce l’autenticità degli eventi, il ventaglio degli approfondimenti e la serietà dei commenti che li accompagnano. Ma proprio per questo abbiamo un disperato bisogno di organi d’informazione ispirati ad etica ed autorevolezza.