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Giornalismo sempre più freelance?

25/07/2017
Come stanno cambiando le professioni della comunicazione? Quali opportunità si aprono per i giovani che scelgono questa carriera? Come evitare i principali errori per chi intende inserirsi in questo ambito lavorativo?
Il libro bianco su “Le professioni della comunicazione 2017” (FrancoAngeli), a cura dei professori Ruggero Eugeni e Nicoletta Vittadini dell’Università Cattolica (Milano), coglie i cambiamenti in atto all’interno di questo mondo. Le nuove figure e le nuove competenze, richieste dal mercato del lavoro nel settore dei media e della comunicazione, sono focalizzate e analizzate in dettaglio.
Il libro, frutto di ricerche e interventi di professionisti, aziende e associazioni del settore, è stato coordinato da Almed (Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo) dell’Università Cattolica; il suo obiettivo è di offrire uno strumento di orientamento efficace e aggiornato per studenti, professionisti e formatori, impegnati in questo ambito.
Dopo una introduzione che disegna il panorama complessivo delle professioni della comunicazione, sono approfondite: la comunicazione d’impresa e di prodotto; le professioni della vendita; la produzione e gestione di audiovisivi per televisione e per i media digitali; l’editoria cartacea e radiofonica e l’organizzazione di eventi. Una sezione finale fornisce indicazioni pratiche agli studenti che si affacciano al mondo del lavoro.
Per quanto concerne il giornalismo, è evidenziato che è in atto una trasformazione di lunga durata, nella quale ai vecchi canali se ne sono affiancati di nuovi. Il giornalismo, dunque, ha assunto nuove forme e nuove sfaccettature, non si è estinto, ma è profondamente mutato. La vera sfida è quella di declinare la professione in linea con le opportunità di un’evoluzione tecnologica ed economica in cui al giornalista è richiesto lo sforzo di legittimare la propria presenza, di sottolineare con “umanità” il proprio ruolo, il proprio valore. Un’umanità che identifica sempre più spesso il lavoro giornalistico come “performance” informativa, il luogo di una semplice disseminazione dei fatti.
Non si tratta più solo di informare le persone, ma di condividere con esse anche il processo di ricerca, di verifica e interpretazione della notizia stessa insieme alla cessione degli strumenti atti alla comprensione e alla sintesi della conoscenza dei fatti. La mediazione delle informazioni incontra anche la funzione sociale ed etica del giornalista in un processo di produzione che non è più limitato al controllo del flusso delle notizie, ma ha a che fare con la fiducia, la credibilità e la trasparenza, secondo un metodo che è assimilabile a quello scientifico. L’accesso alla rete, lungi dall’essere una forma di semplificazione e alleggerimento del percorso produttivo, è il luogo in cui più marcatamente va messa in luce l’etica giornalistica, come valore aggiunto di una professione che non è estinta, ma è cresciuta.
In questo scenario, ben si comprende quanto sia delicata la definizione di un percorso formativo che sia in linea con le richieste di un mercato in continua evoluzione e con la costruzione di una professione che deve adeguarsi a cambiamenti continui e che vede in aumento figure giornalistiche che lavorano come freelance.