C’è un periodo dell’anno, quando la primavera diventa estate, e la sera ti invita ad uscire per goderne la brezza, che diventa naturale parlare di ciclismo, di Giro d’Italia (l’ultimo si è appena concluso con la vittoria dell’olandese Dumolin) e anche di Tour de France che, sportivamente parlando, è il segnale dell’arrivo dell’estate e che le ferie, dopo la fine della scuole, s’avvicinano.
Il ciclismo infatti, nonostante i profondi mutamenti, continua ad adattarsi perfettamente ai tempi della stagione e della natura.
Il Giro di Lombardia è la “ corsa delle foglie morte”. La Sanremo la “ classica di primavera”. Il Giro d’Italia un tuffo verso l’estate con gli ultimi colpi di coda dell’inverno sulle montagne.
Il Tour è il trionfo del grande caldo: la campagna assolata, le cicale che fanno compagnia all’ombra di un tiglio, mentre si sorseggia un pernod.
In Italia, dal dopoguerra di Bartali e Coppi, la bicicletta ne ha fatta di strada, attraversando due secoli che hanno radicalmente cambiato il Paese: dalla ricostruzione al boom, dalla fine della Prima Repubblica agli anni della rivoluzione digitale, con le app che ti controllano le frequenze e ti indicano il bike sharing più vicino.
Anche per la bicicletta sembra essere finiti in un altro pianeta. La bici è tornata ad essere uno strumento prezioso: per il lavoro, lo sport, il turismo. Per muoversi leggeri in armonia con la natura.
Per ripercorrere questo viaggio nel tempo, ci aiutano anche i libri, in particolare quelli scritti sul Giro d’Italia di cui si è appena festeggiata la centesima edizione.
Per l’occasione, sono usciti o sono stati ristampati diverse opere. Di giornalisti, ma anche di importanti scrittori. Perché la corsa rosa è una officina perfetta per assemblare sfide e duelli, storie e paesaggi, povertà e ricchezza, dolore e felicità.
“Tutto è pronto. Tra poche ore, sveglia. È venuto il tempo di partire. Palermo dorme ma con un occhio solo. Pronte sono le biciclette lustrate come nobili cavalli alla vigilia del torneo…” Sono le parole che Dino Buzzati, inviato del Corriere della Sera, usa nel 1949 alla vigilia di un memorabile Giro vinto da Coppi dopo un lungo duello con Bartali.
In questo libro (Dino Buzzati al Giro d’Italia, Mondadori pp196, euro 6,99) esce tutta l’Italia del dopo guerra. Venticinque racconti dove l’epos agonistica si mescola alle pulsioni di un Paese ancora segnato dalle ferite della guerra.
Il Giro è una fonte d’ispirazione per i grandi inviati. C’è Indro Montanelli, cui hanno vietato di parlare di politica, ma che nella carovana rosa riesce comunque a raccontare l’Italia a modo suo (Indro al Giro, Rizzoli, pp.249 euro 12,90).
Poi c’è il poeta Giovanni Giudici che dalle colonne de l’Espresso nel novembre del 1975 scrive: “ anche se Coppi era per certi aspetti più simpatico, io sono sempre stato più fedele a Bartali perché non si drogava, perché si difendeva dai tifosi a colpi di pompa da bicicletta, e poi perché fumava: prima di mettersi in corsa, appena tagliato il traguardo. Fumava…”.
L’Italia cambia insieme ai campioni delle due ruote che rinnovano comunque dualismi e grandi sfide.
Da Gimondi e Merckx, a Moser e Saronni, da Bugno e Chiappucci, alla profonda solitudine di Marco Pantani che da solo, con la sua drammatica vicenda, ha calamitato l’attenzione dei primi anni del nuovo millennio.
Anni difficili, accompagnati anche dall’ombra del doping, un’ombra lunga che con processi e squalifiche (ricordiamo quella di Lance Armstrong) ha segnato le cronache del ciclismo più di molti altri sport, forse risparmiati da controlli così severi.
Viene a proposito, per ripercorrere questo lungo viaggio, l’opera di Mimmo Franzinelli, storico e grande appassionato di ciclismo. Ricco di oltre 200 immagini prevenienti dall’archivio Torriani questo libro (“Il Giro d’Italia. Da pionieri agli anni d’oro” 324 pagine, Feltrinelli) è una preziosa testimonianza del profondo intreccio tra la storia del Paese e quella del ciclismo, in un gioco non banale di specchi e simmetrie .
Non mancano naturalmente i gialli. Sugli ultimi giorni di Pantani si è scritto e detto tanto. A volte anche a sproposito. Qui ricordiamo per originalità il libro di Paolo Foschi (“Omicidio al Giro”, edizioni e/o, 57 pagine) che racconta un misterioso incidente stradale che colpisce il favorito del Giro.
L’ordine è di chiudere il caso in fretta , ma un commissario molto puntiglioso, Igor Attila, che non ama le insabbiature, scava nei lati oscuri del ciclismo per arrivare alla verità.