Con sentenza del 27 gennaio 2009 n. 1976 la III Sezione della Cassazione civile si pronuncia in tema di diffamazione a mezzo stampa affermando il principio che nel caso di valutazione del titolo come di portata autonomamente diffamatoria, è necessario che esso sia formulato in termini tali da recare un'affermazione compiuta, chiara, univoca ed integralmente percepibile dal lettore senza la lettura dell'articolo.
Nella fattispecie la sentenza impugnata aveva ritenuto che il testo dell'articolo, salve alcune marginali inesattezze, era sostanzialmente vero ed era costruito sulla base delle notizie emerse da un'ordinanza emessa dal Pretore di Roma ex art. 700, con cui veniva ordinato ad un docente universitario di reintegrare due altri professori nella detenzione dei locali di pertinenza della I cattedra di clinica medica dell'Università La Sapienza, in cui il docente in questione si sarebbe immesso, approfittando dell'assenza del titolare di cattedra; sussisteva, pertanto, l'interesse pubblico alla notizia e l’ordine di rilascio era esecutivo. Conseguentemente, secondo la corte di merito, gli attori avevano correttamente esercitato il diritto di critica (negli elementi sopra ricordati) con il testo dell'articolo in questione. Tuttavia la corte riteneva che l'espressione contenuta nel titolo “Professore abusivo sloggiato dagli agenti” potesse essere esaminata ai fini della lamentata diffamazione nella sua autonomia rispetto al testo, in quanto essa (peraltro rafforzata dal contenuto dello “occhiello”) forniva al lettore una visione distorta della vicenda e spostava l'illiceità del singolo comportamento alla figura del professore ad alla connessa funzione pubblica, del cui esercizio veniva affermata l'abusività.
A questo riguardo la Suprema Corte ha ritenuto che per potersi aderire alle conclusione del giudice di appello, il titolo dovrebbe essere formulato nei termini citati in premessa (affermazione chiara, compiuta, univoca integralmente percepibile dal lettore senza la lettura dell'articolo) poiché, in mancanza, la genericità del titolo va risolta mediante l'analisi del contenuto dell'articolo ed il giudice necessariamente deve procedere ad un esame globale dell'articolo in relazione a tutte le sue singole componenti: singole espressioni letterali, testo titoli, sottotitoli, “tono complessivo”, linguaggio usato.
Nella fattispecie, invece, il titolo “professore abusivo”, data la sua genericità ed il mancato riferimento ad un nominativo specifico, non poteva avere alcun contenuto diffamatorio nei confronti dell'attore, il cui nome non emergeva dal titolo stesso. Per poter individuare nel “professore abusivo” l'attore, era quindi necessario per il lettore leggere il contenuto dell'articolo, in cui era riportato il nome del professore ed erano indicati i contenuti del suo comportamento ed il significato del termine “abusivo”.
Ciò comporta che la corte di merito per poter affermare la sussistenza di una diffamazione a mezzo stampa avrebbe dovuto nella fattispecie valutare nel suo complesso il titolo ed il contenuto dell'articolo.