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L’intervista “One-on-one”

23/05/2016
“Dal vostro inviato (con regole severe) a Hollywood” è il titolo di una corrispondenza di Federico Rampini (D-la Repubblica, 13 febbraio 2016).
 
“Più che intervistare il presidente degli Stati Uniti – scrive Rampini – la vera difficoltà per un giornalista in America è fare tre domande (ma anche due) a una star di Hollywood. Le barriere d’accesso superano l’immaginazione umana. I negoziati per ottenere l’ambita intervista avvengono con mesi di anticipo sull’uscita di un film… E sì che ho avuto, nei miei rari contatti col mondo del cinema, un privilegio raro. Quasi inestimabile, a quanto si dice nell’ambiente. Sono stato designato per fare delle interviste “vere”. One-on-one, è il termine. Cioè io da solo davanti alla star.
Da solo, si fa per dire: almeno uno se non due addetti stampa assistono all’intervista, rinviando in un angolo. La maggior parte delle volte, invece, quello che viene spacciato per intervista sono gli snippet. Parola del gergo di quel mondo lì, snippet in inglese sta ad indicare dei frammenti, pezzetti di qualcosa… la star si siede al tavolo, i giornalisti mitragliano le domandine, la star si degna di dare micro-risposte (snippet), scade il tempo e i reporter sono scaraventati fuori.
I guardiani del cerimoniale sono terribili… One-on-one, dunque l’intervista in cui sono da solo, è già un salto di qualità. Un dono magnanimo, per il quale dovrei essere grato in eterno. Viene comunque preceduta da severi avvertimenti. Venti minuti e non un secondo di più. Vietato far perdere tempo alla star con richieste di autografi o selfie. Vietate le domande fuori tema, siamo qui per parlare del film e non della vita privata di sua maestà. L'appuntamento viene fissato con settimane di anticipo e devo presentarmi un’ora prima…”.