Il calcio è un gioco, e su questo non ci piove. Però è anche qualcos’altro. Qualcosa che è difficile da definire perché è una somma di emozioni, di passioni condivise, di potenti ricordi che uniscono e dividono, che ti avvicinano e respingono, che ti restano dentro il cuore anche quando il fuoco si è spento.
Per questo, il calcio, si presta ad essere raccontato e soprattutto ricordato. A volte perfino abusando: perché il tempo, come si sa, smussa gli angoli. Un bel dribbling diventa unico. Una rimonta diventa mitica. Una parata leggendaria. Una rovesciata eccezionale, un gol superlativo. Pensate a Italia-Germania 4-3, o all’’urlo di Tardelli nella finale di Madrid con Pertini tutto soddisfatto che alza la pipa in segno di vittoria.
E qui siamo ancora in un’epoca televisiva, quindi documentata dalle immagini. Pensate a spostar più indietro la macchina del tempo, quando le riprese erano rarissime. Già molti gol di Pelè, per esempio, sono andati persi. Per non parlare delle parate di Jascin, delle progressioni di Valentino Mazzola, delle finte di Garrincha, delle cannonate di Levratto.
Anni fa, quando allenava il Milan, Niels Liedhom, indimenticabile giocatore e allenatore svedese, raccontò ai giornalisti che durante una partita a San Siro sbagliò un passaggio. Ebbene, tutti gli spettatori si alzarono tributandogli un lungo applauso. Perché? “Perché era da oltre un anno che non ne sbagliavo uno” concluse l’ineffabile Liedholm.
Naturalmente nessuno dei presenti poté smentire. Perché l’episodio era verosimile, però resta il dubbio che anche il leggendario tecnico svedese avesse un po’ colorito quel freddo pomeriggio degli anni Cinquanta.
Insomma, la magia del calcio è anche questa. Correre coi ricordi, cercare di mettere al suo posto tutte queste immagini che si sfuocano. Ad aiutarci arriva il nuovo libro di Gigi Garanzini che già nel titolo (Il minuto di silenzio, pp 281, 18 euro, Mondadori) ci invita ad entrare in punta di piedi in questa galleria di campioni che hanno fatto la piccola grande storia del calcio.
E’ una passeggiata nella memoria fatta sottovoce, perché dopo tanti applausi, e anche fischi, ora questo ex ragazzi si risposano nella collina del football sperando che magari qualcuno ricordi le loro imprese o gli regali un fiore.
“La collina su cui dormono è una Superga dell’anima”, scrive Garanzini. “ Il rimando a Spoon River, deferente e inevitabile, spero non spudorato, si ferma qui…”
Molti ritratti, che non occupano più di due tre minuti di lettura, “Per ricambiare le emozioni che hanno regalato a generazioni di appassionati….”
Ci sono tutti, quelli anche di cui si era persa la memoria. Dai più famosi come Sivori e Best, a quelli come Orsi su cui ha lavorato la polvere del tempo. Ma anche “ragazzi” come Meroni e Scirea, vecchie glorie come Di Stefano e Matthews, cantori del football come Brera e Galeano.
Non si può nascondere che il sentimento prevalente sia quello dei rimandi, di un delicato gioco di incastri per non far dimenticare chi, dalla folla degli stadi è passato al silenzio dell’oblio.
Resta però un esercizio utile per capire quanto, in pochi decenni, sia cambiato il calcio e la nostra vita. Senza incauti confronti o improbabili sentenze su chi era meglio o chi era peggio. Responsi che è meglio lasciare alla memoria di ciascuno in modo che anche il calcio torni ad essere un gioco.