Questo intervento è stato pronunciato da Alberto Spampinato al convegno "Libertà d'informazione. Quanto costa e a chi? - Diffamazione, risarcimento del danno, liti temerarie: un'altra forma di bavaglio" promosso dalla FNSI e da Libera Informazione- Roma c/o FNSI Sala Tobagi mercoledì 17 novembre 2010
Negli ultimi anni il ricorso alla violenza, alle intimidazioni e agli abusi giudiziari per ostacolare il diritto di cronaca e di espressione critica dei giornalisti si è fatto sempre più ampio, al punto che l’Italia ormai rappresenta un caso europeo di informazione limitata, come hanno messo in luce gli osservatori internazionali più autorevoli declassando da un anno all’altro il nostro paese.
In Italia infatti questo grave problema si somma al non risolto conflitto d’interesse del premier ed alla concentrazione della proprietà editoriale in poche mani. Proprio per l’insieme e il sommarsi di queste cose, il tentativo del governo italiano di approvare la cosiddetta legge bavaglio ha fatto enorme impressione nelle grandi capitali occidentali .
Secondo le ultime frammentarie informazioni, sono almeno 12 i giornalisti italiani costretti a vivere sotto scorta. Altre centinaia di cronisti vivono una condizione non meno allarmante: subiscono minacce, attentati, aggressioni, danneggiamenti. Il Rapporto Ossigeno per l’Informazione - ovviamente - può contare solo i casi noti, quelli che diventano denunce all’autorità giudiziaria, che sono una piccola parte del totale, come confermano tutti gli esperti e studiosi del fenomeno e la stessa UNESCO che, nel Rapporto 2009-2010, ha affermato testualmente: “i casi noti sono solo la punta dell’iceberg”. Ebbene, nel 2009-2010 Ossigeno ha documentato 78 episodi che, poiché 23 di essi riguardano gruppi di giornalisti ed intere redazioni, coinvolgono direttamente e indirettamente almeno 400 giornalisti. E per stimare i casi che rimangono segreti perché i minacciati non hanno la forza di denunciarli, bisognerebbe moltiplicare questa cifra almeno per tre.
E ancora più grande è il numero dei giornalisti che si autocensura per sfuggire a reazioni violente reali o presunte.
Ecco, a nostro avviso, il problema delle richieste di risarcimento va inserito in questo contesto, poiché con il loro proliferare, con il carattere di abuso legale che spesso rappresentano, costituiscono esse stesse una diffusa forma di intimidazione e di censura nei confronti dei giornalisti e concorrono a causare l’ampio oscuramento di notizie di rilevante interesse sociale. Perciò noi abbiamo cominciati a censirle. Nel nostro Rapporto ne abbiamo elencate 16, ma sappiamo che sono molte di più e perciò sollecitiamo tutti a segnalarle sistematicamente al nostro Osservatorio.
Ho voluto fare questo inquadramento del fenomeno del risarcimento-facile perché è sempre necessario analizzare i problemi fra loro collegati in un quadro unitario ed è utile cercare soluzioni che concorrano a migliorare l’intero quadro. Ebbene, di fronte al moltiplicarsi di richieste di risarcimento che mirano a mettere in ginocchio i cronisti e le aziende editoriali noi riteniamo che sia giusto porsi innanzi tutto il problema generale di assicurare una maggiore tutela al lavoro giornalistico, che sia necessario fornire ai giornalisti un più esteso servizio di assistenza legale, ma riteniamo che siano necessarie anche riforme legislative per colmare alcuni evidenti vuoti legislativi che ci sono e consentono gli abusi e l’impunità di chi li commette.
Le proposte di Libera Informazione espresse nella Carta di Perugia vanno a nostro avviso nella giusta direzione, anche perché la prima esigenza è quella di rendere prevedibile e calcolabile anche sotto il profilo del danno economico il rischio che un giornale e un giornalista corrono pubblicando una notizia sgradita a qualcuno. E finché questo quadro di certezze non ci sarà non sarà possibile fornire una adeguata tutela legale ai giornalisti, non sarà possibile stipulare con nessuna assicurazione una polizza di responsabilità civile per i giornalisti. Dunque le proposte vanno nella direzione giusta. Ma – come abbiamo scritto nel nostro rapporto 2010 – noi temiamo che non rispondano pienamente alla specificità dei casi in cui il risarcimento viene chiesto per intimidire e censurare i giornalisti e limitare il diritto di cronaca.
Occorre una legislazione che garantisca più attivamente il diritto-dovere dei giornalisti di fornire le informazioni all'opinione pubblica e, allo stesso tempo, il diritto dei cittadini di essere informati.
Questi due diritti sono tutelati dalla Costituzioni e da tutte le carte fondamentali europee e delle Nazioni Unite. E allora dobbiamo chiederci se di fronte alla sistematica violazione di questi diritti non sarebbe utile, opportuno e necessario introdurre il reato specifico di ostacolo all'informazione, e prevedere aggravanti specifiche per tutti quei reati già esistenti quando siano commessi allo scopo di ostacolare l'informazione. In questo campo, a nostro avviso, c’e’ un evidente vuoto legislativo. La mia conclusione è questa: poiché nel nostro Paese vengono compiuti innumerevoli atti indebiti per comprimere, limitare, condizionare, cancellare il libero esercizio del diritto di cronaca, io mi chiedo se non sia necessario ed opportuno provvedere: una tutela legislativa esplicita in questa materia; una sanzione specifica, civile o penale, per chi ostacola consapevolmente il diritto di cronaca; e un’aggravante specifica per i reati contro la persona (intimidazioni, minacce, percosse, danneggiamenti) quando siano compiuti per limitare l’esercizio della libertà di espressione e di cronaca dei giornalisti.
Sono conscio della difficoltà di fare accettare una simile impostazione e conosco le obiezioni che sorgono ogni volta che si propone di introdurre un nuovo reato. Ma io sono suggestionato da questa idea perché ho visto nascere l’art.416 bis che ha introdotto il reato di associazione mafiosa in in clima di scetticismo e di contrarietà che era forse maggiore.
Ritengo perciò opportuno chiamare giornalisti, giuristi, politici a discutere attorno a questa proposta, che consente di richiamare tutte le questioni connesse, a cominciare dalla richiesta di regolamentare con criteri limitativi e parametri oggettivi le richieste di risarcimento.
L'introduzione del nuovo reato sarebbe per certi versi la quadratura del cerchio: fra l'altro potrebbe creare le condizioni per dotare i giornalisti di una assicurazione, oggi impensabile.
Non credo che sia costruttivo affrontare il problema trovando uno o più parlamentari disposti a presentare una proposta di legge con questi contenuti. Credo invece che la proposta vada costruita con una iniziativa politico-culturale che potrebbe consistere in una campagna pubblicistica a più voci e in una serie di convegni pubblici fra giuristi, parlamentari, giornalisti, editori, intellettuali egualmente interessati al problema della censura.
Noi intanto abbiamo deciso di affiancare alla struttura giornalistica dell'osservatorio Ossigeno una sezione giuridica in cui osservare, analizzare e segnalare sentenze, normative, e altri aspetti giuridico-normativi della questione dei giornalisti minacciati o censurati in altre forme, e abbiamo cominciato a dar vita a un comitato di consulenza giuridica e legale al quale sta lavorando insieme a noi l'avv. Giulio Vasaturo dell’Università la Sapienza.
Alberto Spampinato - direttore di Ossigeno per l’Informazione - ossigeno_2@yahoo.it