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Lo stile e il genio di Vladimiro Caminiti

17/03/2015
“Causio che si muove in verticale avanti e indietro, Cuccureddu che sfreccia invano cercato da Bittolo (che fa l’ha trovato?), Furino che caracolla come il Settimo lancieri, e Capello sempre impegnato da quel braccio zavorra, con quella testa alta, per vederci meglio, spunta dove meno te l’aspetti, t’infila il terzo gol, avvalorando il podismo nerboruto e ragionato di Furino; ed insomma questi quattro sono i padroni del vapore”.
Questo è un pezzo dell’articolo scritto da Vladimiro Caminiti (Camin per tutti) e pubblicato su Tuttosport il giorno seguente di una vittoria della Juve sul Genoa, 3-0, con l’ultimo gol di Capello. Si giocava il campionato 1973-74, vinto dalla Lazio di Wilson e Chinaglia.
 
Questo il ricordo di Riccardo Gambelli, nel libro “C’era una volta Camin” (Ed. Bradipolibri): “Vladimiro Caminiti era il giornalista poeta, lo scrittore che sapeva guardare più all’uomo che all’atleta, miscelando perfettamente nei suoi articoli umanità e cronaca sportiva. È stato il punto di riferimento per tanti giovani di quell’epoca, come il sottoscritto, un’epoca in cui l’articolo di Tuttosport era paragonabile ai gol di Sky in tempo reale, un’epoca in cui quelle tre foto pubblicate sul giornale torinese ti facevano sentire vicinissimo ai tuoi campioni, un’epoca in cui il viaggio per Torino era veramente un viaggio, un’epoca in cui Tutto il calcio minuto per minuto era come la messa della domenica, un’epoca in cui andavi a letto senza aver visto la Domenica Sportiva e così cercavi d’immaginarti il gol di Bettega, un’epoca in cui ti recavi a scuola e nel quaderno scrivevi la formazione della Juve, un’epoca in cui vincere era questione di vita o di morte, un problema sociale, un’epoca in cui esplodevi in lacrime per un gol di Cuccureddu all’ultimo secondo in quel di Roma, un’epoca in cui la Juve la sognavi di notte”.

Roberto Beccantini, che è stato con Caminiti a Tuttosport, dal 20 agosto 1970 al 1° marzo 1981, nell’introduzione scrive: “In bilico tra i doveri del testimone e i diritti del protagonista, Camin è stato un caso letterario, per come scriveva e per tutto ciò che circondava il suo pestare Olivetti e marciapiedi. L’inviato, ai tempi di Vladimiro, era l’unico referente del lettore. La televisione non aveva ancora invaso lo sport, informava a piccole dosi, i giornali rimanevano il pulpito più seguito, più temuto. Camin ci andava a nozze. La lingua italiana era la sua religione. Ne difendeva il culto dalle invasioni barbariche con sermoni pittoreschi ma non grotteschi”.